Lacrime per podi e delusioni

Olimpiade da record per l’Italia dello sport a Tokyo. 40 le medaglie conquistate, oltre ad alcuni primati

Quaranta podi, su per giù quanti ipotizzati nelle simulazioni degli esperti prima dell’inizio dei Giochi di Tokyo targati 2020 anche se consumati l’anno dopo a causa del rischio dell’estensione del numero dei contagi da Covid-19. Il medagliere della spedizione dell’Italia sportiva, la più partecipata e completa di sempre: 384 azzurri, 197 ragazze e 187 uomini, in rappresentanza di 36 discipline. Dieci i titoli olimpici conquistati, altrettanti i piazzamenti e il doppio le scalate sul gradino più basso del podio dei tre. Diciassette le attività agonistiche premiate, quasi la metà di quelle proposte negli impianti e sulle strade della capitale giapponese e dintorni. Il riferimento iniziale riguardava il ‘bottino’ della precedente Olimpiade, quella brasiliana di Rio de Janeiro, arricchito da 8 medaglie d’oro, 12 d’argento e 8 di bronzo, per un complessivo di 28. L’edizione di Tokyo, straordinaria per l’anno dispari e la mancanza sugli spalti di pubblico per evitare spiacevoli conseguenze sanitarie , ha spazzato ogni limite riempiendo come mai il forziere. Decima posizione nel medagliere, che parte dal metallo più pregiato, ma in ascensione a conteggiare il peso e il valore totale. Superata di slancio l’ormai ex quota 36 di Los Angeles 1934 e soprattutto di Roma 1960. Invalicabile, ancora, la soglia dei 14 titoli vinti ai Giochi americani californiani di Los Angeles nel 1984.
È considerata la ‘regina dei Giochi’, ma in questo appuntamento nell’Estremo Oriente è stata anche una serra fertilissima per i colori azzurri con il tricolore issato sul pennone maggiormente visibile per ben cinque volte. E l’inno di Goffredo Mameli cantato a squarciagola dai protagonisti attesi e anche non particolarmente candidati alla vigilia. L’apripista della favolosa performance è stato Gianmarco Tamberi, assente a Rio per un malagurato infortunio. Ha coltivato questo traguardo per un quadriennio e un’altra stagione aggiuntiva. Immacolata la prova del salto in alto, dai 2 metri e 19 centimetri ai 2 metri e 37 centimetri, come per l’amico-rivale Mutaz Essa Barshim. Il ventinovenne di Civitanova Marche, capitano della selezione azzurra di atletica leggera che aveva portato al seguito il gambaletto rigido per favorire la guarigione, fallite le prove a 2 e 39 ha deciso, come previsto dal regolamento, di spartire il podio d’oro con il qatariota, vittima poco dopo i Giochi di Rio di un infortunio simile. Pochi minuti dopo ecco esplodere il bis sulle corsie dell’altissima velocità, la gara più attesa, quella dei 100 metri piani. L’eredità del pluridecorato giamaicano Usain Bolt è stata raccolta da un azzurro nato a El Paso, in Texas, ma fin dagli albori infantili frequentatore con la madre italiana di Desenzano del Garda. Il padre è un militare americano, ma Lamont Marcell Jacobs indossa la maglia azzurra. Sfreccia davanti a tutti, in quarantacinque passi. Primo Italiano in finale sulla prova più veloce e, naturalmente, inedito vincitore. E pensare che in semifinale era finito terzo con 9″ e 80, record europeo e inserito nello sprint decisivo come uno dei due migliori tempi. Jacobs, pochi giorni dopo, ha partecipato all’altrettanto sorprendente successo, con Lorenzo Patta, Eseosa Fostine Desalu e Filippo Tortu, della staffetta 4×100. Il titolo olimpico è stato sfilato per un centesimo di secondo alla Gran Bretagna con 37″ e 50, nuovo limite nazionale. Jacobs, fra l’altro, è stato anche portabandiera alla cerimonia di chiusura. A completare la collezione hanno provveduto nella 20 chilometri di marcia, disputata a Sapporo per abbassare la calura e l’umidità, una coppia di pugliesi, Massimo Stano e Antonella Palmisano, veri e propri dominatori. Protagonisti dal via al traguardo. Cinque cerchi d’oro, pari-pari, ma non simili nella tonalità, a quelli multicolorati dei Giochi.
Per 54 millesimi di secondo è sfuggito l’oro al pavese Manfredi Rizza nel K1 200 metri. Secondo posto nella canoa sprint dietro l’ungherese Sandor Tokta e davanti all’inglese Liam Heath vincitore a Rio de Janeiro nel 2016.
Tris di podi per il canottaggio. Da batticuore il titolo conquistato nel doppio femminile 2000 metri con la prua di Federica Casarin e Valentina Rodini avanti per un soffio. Bronzo per i pesi leggeri Stefano Oppo e Pietro Ruta ventuno anni dopo l’argento di Sydney e per il quattro senza dietro l’Australia e la Romania. Equipaggio modificato in extremis, per la positività al Coronavirus comunicato nella notte a Bruno Rosetti. Matteo Castaldo, Marco Di Costanzo, Matteo Lodo e Giuseppe Vicino sono riusciti a conquistare il podio e per Rosetti è arrivata, comunque, straordinariamente la medaglia in seguito alla richiesta del CONI e accolta dal CIO.
La delusione per le prove su strada nel settore maschile, fra cui la cronometro con l’atteso Filippo Ganna, è stata attenuata, assorbita dal terzo posto colto da Elisa Longo Borghini. La trentenne di Verbania è riuscita a replicare il piazzamento di Rio. Lo stato d’animo è salito al velodromo di Izu con la strepitosa prova del quartetto azzurro, in grado di fissare anche il nuovo limite mondiale con 3’42″032. Nella finale, a mezzo giro dai gong, Simone Consonni, Filippo Ganna, Francesco Lamon e Jonathan Milan dovevano ancora recuperare 55 millesimi di secondo alla selezione danese. La differenza è stata cancellata dal traino della ‘locomotiva’-Ganna e così l’insegnamento su pista si è risolto dopo 4000 metri per 166 millesimi di secondo a vantaggio dell’Italia del Commissario Tecnico Marco Villa. L’oro mancava da Roma 1960 e la medaglia da Città del Messico 1968. Terzo posto nell’omnium per Elia Viviani, portabandiera con Jessica Rossi e oro a Rio.
Finalmente! A trent’anni Vanessa Ferrari sale su un podio olimpico. Dopo le delusioni del quarto posto a Londra e a Rio, rispettivamente nel 2012 e nel 2016, la ginnasta bresciana di Orzinuovi conquista un meritatissimo argento con una serie di esibizioni al limite della perfezione e con la gratificazione di essere approdata alla finale con il miglior punteggio. I giudici della ginnastica artistica hanno riconosciuto le evoluzioni sul tappeto del corpo libero, ‘pulite’, precise, arricchite dalla grazia delle movenze intermedie. 14,220 per Vanessa Ferrari, 14,366 per l’americana Jane Carey, che ha vinto l’oro. All’Italia la medaglia mancava dai Giochi di Amsterdam del 1928. Allora sul podio d’argento era salita la squadra. Vanessa Ferrari, che negli anni ha subìto cinque interventi chirurgici ed è stata anche colpita dal Covid-19, ha collezionato ogni tipo di medaglie nelle competizioni internazionali, fra cui al Mondiale.
E finalmente anche nella ginnastica ritmica con le azzurre guidate da Manuela Maccarani, che conquistano il bronzo. Martina Centofanti, Agnese Duranti, la capitana Alessia Maurelli, Daniela Mogurean e Martina Santandrea, dopo nove stagioni di beffe, fra cui a Rio con il quarto posto finale, sono riuscite ad ottenere 87,700, 44,850 con le sfere e 42,850 con cerchi e clavette, sulle note di ‘Butterfly Ninja’ e del’L’albero della vita’. Eleganza e qualità per le ‘Farfalle’ precedute solo dalla Bulgaria e dalla Russia, caduta da piedistallo dopo nove anni.
Podi nel judo. Al femminile. Bronzo alla molisana, la prima in assoluto, Maria Centracchio, 26 anni, nella categoria fino a 63 chili e bronzo alla romana Odette Giuffrida nel gruppo con un limite massimo di 52 chili. La prima ha sottolineato “l’orgoglio di essere di Isernia”, l’altra, argento a Rio, insegue “il titolo olimpico nel 2024 a Parigi”.
Prima esibizione del karate ai Giochi, che, probabilmente, sarà cancellato dal prossimo programma olimpico. Per l’Italia due momenti di gloria: l’oro conquistato dal siciliano bicampione del Mondo Luigi Busà nella specialità kumite nella categoria fino a 75 chili e bronzo per la genovese Viviana Bottaro nel kata, la parte figurata, artistica della disciplina.
27 anni, originario di Santa Clara, Cuba, Abraham De Jesus Conyedo Ruano ha vinto il bronzo con una rimonta nel finale sul turco Suleyman Mustafa Karadeniz. Naturalizzato dal 2018 era inserito nel settore dei 97 chili della lotta libera.
Nessun titolo dall”Aquatics Centre’, ma record e prestigiosi piazzamenti. Federica Pellegrini ha annunciato l’addio alle competizioni, ma dopo aver partecipato alla quinta finale olimpica consecutiva nei 200 metri stile libero. Intanto è stata eletta rappresentante degli atleti nel CIO. Gregorio Paltrinieri è stato frenato nella preparazione dalla mononuclueosi e, comunque, ha portato nella bacheca domestica un paio di medaglie. L’argento negli 800 metri e il bronzo nella 10 chilometri a bagno nelle cosiddette ‘acque libere’, nel salato e torbido mare. Pillole di gloria olimpica con l’argento della staffetta veloce 4×100 stile libero composta da Thomas Ceccon, Manuel Frigo, Alessandro Miressi e Lorenzo Zazzeri e Santo Condorelli nella qualificazione e con il bronzo di Nicolò Martinenghi nei 100 rana, di Federico Burdisso nei 200 farfalla o delfino, della squadra della 4×100 mista con protagonisti Federico Burdisso, Thomas Ceccon, Nicolò Martinenghi e Alessandro Miressi con tanto di record nazionale e dell’attesa Simona Quadarella negli 800 metri dopo l’imprevisto flop nei 1500.
Nessun pugile sul ring olimpico. Era da oltre un secolo che l’Italia non era rappresentata fra le dodici corde. A portare il vessillo con il tricolore, però, sono state quattro ragazze, di cui una, Irma Testa, 24 anni di Torre Annunziata, è riuscita a cogliere la prima storica medaglia, di bronzo e a cancellare il pianto di Rio.
In passato ‘atletica pesante’, che a Tokyo è stata in grado di rimpolpare il medagliere con straordinarie performance. Tre medaglie dal sollevamento pesi. Argento per la varesina di Serio Giorgia Bordignon, che fra strappo e slancio, ha innalzato regolarmente 232 chili. Terzo posto, invece, per Antonio Pizzolato con 365 chili complessivi, che aveva tentato anche l’exploit per conquistare l’oro e per Mirko Zanni, che nella categoria dei 67 chili ha stabilito il nuovo limite italiano con 322 chilogrammi.
La pedana della scherma, solitamente fabbrica sportiva di trofei, per lo più di assoluto pregio in ogni competizione internazionale, a Tokyo, però, ha traballato. Cinque gli allori, ma nessuno per consentire il suono dell’inno nazionale. Argento per il vincitore di Rio, che così ha fallito il prestigioso bis, Daniele Garozzo, nel fioretto; per la squadra di sciabola composta da Luca Curatoli, Enrico Berrè, Aldo Montano (43 primavere, all’ultimo appuntamento con i Giochi) e Luigi Samele, protagonista anche nell’individuale. In finale il team azzurro è stato superato dalla Corea del Sud. I vari troni al femminile sono stati occupati da altre avversarie. Gradino più basso del podio per la formazione del fioretto, Erica Cipressa, Arianna Errigo, Martina Batini e Alice Volpi e per quella della spada, Federica Isola, Rossella Fiammingo, Mara Navarra e Alberta Santuccio.
È stata la prima medaglia d’oro conquistata dalla carovana di atleti italiani sbarcati in Giappone. Era il 24 luglio. Titolo olimpico a Vito Dell’Aquila nel taekwondo, categoria fino a 68 chilogrammi.
Argento per l’umbra Diana Bacosi, a cui è sfuggito il metallo più prezioso e pregiato per solo un piattello nello skeet del tiro. La trentottenne caporalmaggiore dell’Esercito è stata superata solo dall’americana Amber English.
Importanti risultati sono arrivati dal tiro con l’arco con l’argento dell’ultratrentenne di Voghera Paolo Nespoli, che così fra Pechino e Londra ha collezionato l’intera galleria di podi olimpici e con il bronzo di Lucilla Boari, 24 anni di Mantova.
L’allora olimpico mancava al nostro Paese da Sydney 2000 conquistato da Alessandra Sensini, arricchito da altre medaglie ad Atene e a Pechino, rispettivamente nel 2004 e nel 2008. La vela azzurra, classe Nacra 17, ha trionfato con la coppia Caterina Banti-Ruggero Tita. La prima, romana, 34 anni e l’altro, ventinovenne di Rovereto, sono sportivamente legati dal 2017. Tita, fra l’altro, ha rinunciato a partecipare all’America’s Cup con l’equipaggio di Luna Rossa.
“È stata un’Olimpiade esaltante per la nostra spedizione per il numero e la qualità dei successi ed ineguagliabile, in quanto è arrivata almeno una medaglia in ogni giornata. Non dimentichiamo la dozzina di quarti posti e i piazzamenti e i record ottenuti. Lo sport italiano ha dimostrato multietnicità e integrazione. Sarebbe opportuno sollecitare lo ius soli sportivo”, ha rilevato il presidente del CONI Giovanni Malagò. Alla lista di affermazioni, però, mancano quelle di squadra, in particolare della pallavolo, della pallanuoto maschile e del softball. Una debacle. Assoluta. La nazionale di pallacanestro, tornata ai Giochi dopo un’eternità, è uscita ai quarti lottando su ogni pallone per opere di una Francia, poi superata in finale dagli Stati Uniti. Gli azzurri saranno ricevuti il prossimo 23 settembre al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

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