Un ‘Appello’ per le fonti energetiche ‘pulite’ è stato promosso dopo la presentazione del PNIEC, che prevede in Italia, fra l’altro, il ritorno al nucleare sospeso anche da un paio di referendum
“Il nuovo Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, il PNIEC, prevede uno scenario di ritorno al nucleare a fissione, altri modelli, anche se più piccoli dei precedenti, generano, comunque, grandi quantità di isotopi altamente radioattivi, producono rifiuti pericolosi per migliaia di anni, contaminano strutture e aree per lunghissimi periodi e sono, pur sempre, impianti a rischio di incidenti che, seppur con una percentuale bassa, possono causare impatti devastanti”. Questo è riportato nell”Appello per un 100% rinnovabili network’ promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, da Greenpeace, da Kyoto Club e da Legambiente e mostrato in una sala del riferimento romano del WWF di via Po.
Il documento, che anticipa la costituzione di una ‘rete’, è stato, almeno finora, sottoscritto da un centinaio di rappresentanti di associazioni ambientaliste, di università, di organizzazioni sindacali, di società di meteorologia e di climatologia e delle imprese. “Le fonti rinnovabili, solare, eolica, idrica, biomassa e geotermica, sono disponibili e sicure e, se ben programmate e pianificate, sono a basso impatto ambientale ed economicamente convenienti. Nel nostro Paese, come in altri, le rinnovabili sono in grado di soddisfare completamente il fabbisogno di energia, sia attuale che dei prossimi anni, utilizzando in modo integrato le diverse fonti, adeguando e gestendo le reti, governando la domanda e migliorando l’efficienza e il risparmio energetico, investendo in sistemi di accumulo, inclusi quelli in fase di sviluppo, di breve e di lunga durata”.
I promotori, fra cui l’ex ministro Edo(ardo) Ronchi della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Gianni Silvestrini di Kyoto Club e Stefano Ciafani di Legambiente, hanno rilevato che “nell’Europa dei 27, in 15 non hanno il nucleare e il numero sarà rafforzato dalla Germania e dalla Spagna”. L’Italia, fra l’altro, è l’unica a ipotizzare un ritorno all’energia nucleare, che è stata cancellata con un paio di referendum popolari del novembre del 1987 e del 12 e del 13 giugno del 2011. A questo vanno sommati gli alti costi e il lungo periodo per la realizzazione. “La costruzione di centrali nucleari è ormai talmente costosa da richiedere ovunque il sostegno dello Stato. In Francia la società che costruisce e gestisce gli impianti, fortemente indebitata, è diventata completamente pubblica”.
Questo tipo di reattori, inoltre, non è stato ancora realizzato in Occidente. “Forse sono presenti in Cina e in Russia”. La nostra penisola, fra l’altro, “è densamente popolata con un diffuso rischio sismico e con vaste aree in pericolo di alluvioni e frane. E in quattordici anni non è stata ancora localizzata la zona per il deposito dei rifiuti radioattivi”. Negli ultimi mesi, in particolare, ad aprile e a maggio, l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili avrebbe raggiunto quasi la metà del totale erogato e negli Stati Uniti, in California, per la prima volta sarebbe stata maggiore rispetto a quella prodotta dal nucleare.
I promotori dell”Appello’ ritengono che questo ritrovato interesse per il nucleare potrebbe rallentare “l’impegno per accelerare lo sviluppo, possibile, necessario e conveniente, delle rinnovabili” e la conseguente decarbonizzazione. Il prossimo autunno, mentre continua la raccolta delle adesioni e dei sostegni, sono previsti altri appuntamenti per definire le iniziative per ostacolare il ritorno degli impianti per la produzione di energia nucleare sulla nostra penisola.