L’altro sguardo

Esposizione a Palazzo Braschi di Roma sull’attività di Adolfo Porry Pastorel e la nascita del fotogiornalismo

 

È considerato comunemente il capostipite di una professione fino ad allora inesistente o, comunque, non interpretata come è diventata ed è stata applicata nel futuro. L’idea e solo una minima parte dell’attività di Adolfo Porry Pastorel è rappresentata in un paio di sale di Palazzo Braschi, il Museo di Roma affacciato sulla ben nota piazza Navona e testimoniata da un centinaio, fra scatti, documenti e oggetti più o meno personali. ‘Adolfo Porry Pastorel. L’altro sguardo. Nascita del fotogiornalismo in Italia’ ricostruisce attraverso le immagini in bianco e nero una sezione del complessivo impegno del professionista originario di Vittorio Veneto, in pratica dagli anni Venti a quelli Quaranta dello scorso secolo. Un modo, comunque, per cogliere i cambiamenti e la ricerca di una nuova esperienza. Porry Pastorel, nato nella località veneta nel 1888, ha bilanciato i suoi scatti fra la ricerca e il diritto-dovere di cronaca, tipico del fotoreporter.
E, così, è stato l’ideale riferimento per gli altri che hanno seguito la continua e costante evoluzione, fra cui Tazio Secchiaroli a Roma e Tullio Farabola a Milano, ma anche per i cosiddetti ‘paparazzi’ operativi negli anni in tutta la nostra penisola e pronti a scoprire e immortalare la novità. Le foto in esposizione a Palazzo Braschi alternano i momenti politici, di cronaca e di costume dell’Italia caratterizzata dal Ventennio fascista. Su Benito Mussolini Porry Pastorel rivolge spesso l’obiettivo della macchina fotografica, ma il rapporto non è cordiale a causa di uno scatto del 1915 in cui è testimoniato l’arresto nel corso di una manifestazione. Mussolini protagonista, fra l’altro, in altre situazioni, ma mai in pose ufficiali. Il click della personale macchina fotografica in azione anche per la Marcia su Roma e per l’assassinio del parlamentare socialista Giacomo Matteotti con immagini del luogo della scomparsa e del ritrovamento del corpo senza vita nelle campagne di Riano, nell’hinterland romano, nel giugno del 1924.
In questa carrellata non mancano i flash di costume, di set cinematografici, dei circhi, delle star e degli esponenti della borghesia dell’epoca. È del 22 dicembre del 1933 lo scatto delle operazioni del peso fra i pugili Primo Carnera e Paulino Uzcudum valido per il Mondiale dei massimi. Le immagini e i documenti utilizzati nell’allestimento romano sono solo una piccola vetrina del più ampio e variegato patrimonio composto da almeno 1.700 negativi conservati dall’Archivio Storico dell’istituto Luce-Cinecittà e da oltre 180.000 foto della sua agenzia, VEDO, Visioni Editoriali Diffuse Ovunque, fondata nel 1908. Nel tempo ha collaborato, fra l’altro, con Il Messaggero, Il Giornale d’Italia e La Vita. La mostra è stata promossa dall’istituto Luce-Cinecittà e dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali attraverso l’Assessorato comunale alla Crescita Culturale in collaborazione con Zétema, gli archivi Farabola e Vania Colasanti e la Fondazione di Studi Storici ‘Filippo Turati’. L’allestimento, come il catalogo, è stato curato da Enrico Meduni.
Porry Pastorel, dal suono anglo-francese, è stato un inventore del racconto attraverso le immagini e anche del marketing per la sua produzione sospesa dopo essere stato colpito dalla tragica scomparsa del figlio Alberto inviato di guerra nella drammatica ‘campagna di Russia’. E, dopo essere stato ospite nella 46^ edizione dell’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, ha trovato l’ennesimo riferimento alle porte di Roma, a Castel San Pietro, ricoprendo la gratificante e impegnativa funzione di sindaco, dal 1952 al 1960, anno della scomparsa. Aveva 71 anni. Durante quel periodo è stato in grado di coinvolgere, nel centro compreso fra Palestrina e Capranica, la produzione cinematografica, che si è mostrata interessata agli storici vicoli e alle caratteristiche piazzette del borgo, in particolare Vittorio De Sica per ‘Pane, amore e fantasia’ con Gina Lollobrigida. Pierluigi Praturion, fotografo di scena, ha rivelato che la telecamera delle riprese cinematografiche è l’ideale prolungamento della macchina utilizzata da quel tipo di reporter, all’Adolfo Porry Pastorel.
Ad alzare il velo sulla mostra hanno pensato l’assessore comunale alla Crescita Culturale Lorenza Fruci, la sovrintendente Capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli, la responsabile dell’Istituto Luce-Cinecittà Chiara Sbarigia e lo stesso Enrico Meduni. Porte aperte a Palazzo Braschi per le testimonianze di Porry Pastorel fino al prossimo 24 ottobre, dal martedì alla domenica, nella fascia oraria oscillante fra le 10 e le 19.

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