Per la sua XXXIII edizione, il Festival internazionale Isole che Parlano ha scelto di omaggiare il grande fotografo Fausto Giaccone, considerato per le sue immagini rappresentative di un’epoca, un testimone di mezzo secolo di storia. La sezione del Festival dedicata alla fotografia ospiterà infatti dal 5 al 30 settembre 2019 un’importante retrospettiva dal titolo “Sardegna e altri continenti (1967-1977)” che esporrà circa settanta immagini in bianco e nero, realizzate in Italia e all’estero, con stampe, da negativo e digitali, di varie dimensioni. Oltre a presentare alcuni scatti inediti, la mostra si articola in un percorso originale che espone i lavori più importanti dei primi dieci anni di attività dell’autore, gli anni della passione più fervida, di un fotogiornalismo “militante” e strettamente legato alla cronaca dell’inquietudine di quel periodo. Toscano di nascita, Giaccone si forma a Palermo e arriva a Roma nel 1965 per terminare gli studi di architettura. Qui, nel ’68, con l’esplosione del movimento studentesco, la fotografia diventa una scelta di vita e una professione: sono, infatti, quegli avvenimenti a fargli capire che ciò che gli interessa è “documentare per la storia”. In questi anni Giaccone viaggia molto in Italia e all’estero sempre spinto da quella curiosità e da quel dinamismo che caratterizzarono quel periodo, realizzando diversi servizi sociopolitici: prima il terremoto nel Belice, poi gli episodi chiave delle lotte del movimento studentesco romano, trascorre due mesi in Egitto e Giordania per il primo servizio mai realizzato sui fedayn palestinesi, e segue le rivolte nei comuni barbaricini in Sardegna. Un decennio raccontato con una fotografia di reportage composta, non sensazionalistica, talvolta misuratamente ironica, sempre attenta ai contrasti, in qualche modo classica e rispettosa, in cui il contesto fa spesso da sfondo, ed è l’essere umano il centro, sempre. Nei lavori realizzati in Sardegna in quattro distinti viaggi, tra il ’68 e il ’76, Giaccone documenta aspetti specifici dell’isola, movimenti storici “locali” che si legano però inequivocabilmente a quanto in quel decennio (1968/1977) sta accadendo in tutto il mondo occidentale. Le immagini raccontano di tensioni e disagio sociale, di forte impegno politico “rivoluzionario”, di proteste legate alla specificità sarda (il ’68 in Barbagia, a Orgosolo, Orune, Bono e Nuoro), dell'”autunno rosso dei pastori”. Nello stesso tempo, però, in due distinti reportage realizzati nel 1975 Giaccone ci racconta due momenti comunitari molto importanti – la Fiera regionale del cavallo a San Leonardo de Siete Fuentes, e una tosatura a Testone, vicino a Nuoro – in cui è ancora molto evidente, soprattutto nei costumi, “la transizione” tra un presente “locale” e uno “globale”, ma in cui traspare anche in modo chiaro il legame molto forte che l’isola mantiene con la propria cultura agropastorale, con la terra. Nella seconda parte della mostra il racconto fotografico della terra turbolenta, che si muove, di cui si rivendica la proprietà e la libertà: in Sicilia con la commemorazione ventennale della strage di Portella della Ginestra (1967) e nelle immagini del terremoto del Belice (1968), in Giordania con le immagini dei fedayin del Fronte Popolare di Liberazione Palestinese (1968), in Portogallo con le occupazioni contadine dei latifondi del Ribatejo l’anno successivo alla rivoluzione dei Garofani (1975), per finire con alcune immagini della Bolivia (1976) e in particolare una cerimonia a Tiahuanaco in onore della “Pacha Mama” (Madre Terra). Ma in mostra ci sono anche le immagini di un decennio turbolento e rivoluzionario in Italia con la battaglia di Valle Giulia, le assemblee universitarie e le manifestazioni (1968/1969) una fase in cui la partecipazione di Giaccone è molto vicina alle posizioni delle realtà fotografate. Infine ancora la terra, con i minatori Boliviani di Potosì. Una conclusione e un lancio verso la sezione (fuori tema) di Macondo. In “Macondo” lo sguardo di Giaccone sulla Colombia, più maturo e poetico, si discosta da un taglio di foto-reportages classico e segue un proprio percorso personale che si addentra nel mondo del grande scrittore, nei luoghi della sua vita e in quelli dei suoi romanzi, diventando un racconto per immagini “di quel microcosmo umile e minuto che mi circondava e nel quale tuttavia riconoscevo senza ombra di dubbio la grandiosa allegoria della storia universale che tanto mi aveva affascinato in Cent’anni di solitudine”. Il sito della manifestazione: www.isolecheparlano.eu
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