Impianti e palestre scolastiche

Presentato al Foro Italico il Rapporto nazionale sulle strutture per l’attività fisica realizzato da Svimez e dall’UISP con il sostegno di Sport e Salute

A.A.A. cercasi urgentemente e necessariamente impianti sportivi in quasi tutte le zone della nostra penisola e palestre ristrutturate e riqualificate negli istituti scolastici. L’allarmante scenario è stato analizzato e commentato al Foro Italico, nello spazio di WeSportUp di viale dell’Olimpiade dai vertici di Sport e Salute Marco Mezzaroma, dell’UISP Tiziano Pesce, dell’ICS Beniamino Quintieri e dello Svimez Luca Bianchi. Al centro dell’incontro i risultati di una ricerca coordinata e illustrata da Serena Affuso. Molteplici le indicazioni offerte dall’approfondimento che ha coinvolto 1.029 fra gestori e proprietari di impianti sportivi italiani, da cui emerge una realtà articolata e condizionante anche per altri delicati settori come quello sanitario. Nel nostro Paese da tempo è in funzione il lampeggiante e il sonoro dell’attenzione per una situazione ormai diventata preoccupante e, per lo più, insostenibile.
Lo studio segue il primo promosso nel 2021 su ‘Il costo sociale e sanitario della sedentarietà’, dal quale era evidente come “quasi la metà delle persone del Mezzogiorno non praticava alcuna attività sportiva in modo continuativo”. In quell’area quasi un minorenne su tre fra i 6 e i 17 anni è in sovrappeso tendente alla pericolosa obesità, 31,35% e la speranza di vita per chi ha più di 65 anni è di 36 mesi inferiore a quella dei coetanei del centro e del nord. La mancata attività motoria potrebbe comportare disagi sanitari e, conseguentemente, anche un gravio per il Sistema Nazionale e per i rispettivi nuclei familiari.
Il periodo di distanziamento e, ancor di più della clausura forzata decisa per evitare l’ampliamento del numero dei contagi da Covid-19, ha un po’ modificato le abitudini degli appassionati, degli amatoriali e degli sportivi e avvicinato qualcuno alla pratica solitaria e all’aperto. Il 53% degli italiani, comunque, preferiva le frequentazioni in strutture attrezzate, il 40% all’aria aperta e il rimanente nella rispettiva abitazione, forse un po’ adattata. Quel particolare periodo ha modificato le scelte e secondo il recente Rapporto dell’Osservatorio ‘Valore Sport’ è stata evidenziata la salita al 50% di chi è attirato maggiormente dall’attività nei parchi, nelle corsie pedonali e nelle aree verdi locali.
Le dolenti note continuano e riguardano l’impiantistica, soprattutto pubblica. Il presidente di Sport e Salute Marco Mezzaroma ha confermato che “è in corso un censimento, anche per delineare un Piano Regolatore degli impianti e scoprire soprattutto quelli dismessi, abbandonati, non utilizzati e, addirittura, non completati con un vero e proprio spreco di risorse pubbliche. Inaccettabile”. Il 52,97% degli impianti sono nell’area settentrionale del nostro Paese, il 26,72% nelle regioni del centro e solo il 20,21% nel sud. La desolazione allarga le pareti quando sono rimarcati i periodi delle costruzioni delle strutture sportive. Il 54% risale a prima degli anni Ottanta. E il 33% addirittura a quarant’anni fa. Solo il 13% degli impianti sul territorio nazionale è stato costruito dopo il 2010. È passata un’era per come l’evoluzione, anche tecnologica, ha viaggiato a tutto gas. Impianti realizzati in condizioni di inefficienza energetica che dovrebbero essere ristrutturati anche per un miglioramento dell’accoglienza per gli atleti, gli spettatori e gli ospiti. La maggior parte degli mpianti non consentono l’ingresso a chi è portatore di handicap. La ricerca alimenta lo sconforto con gli edifici scolastici, che solo quattro su dieci sono attrezzati per le lezioni di educazione motoria. Niente palestre e il 57% degli alunni, anche delle classi della secondaria del Mezzogiorno, non frequenta spazi con le scarpe idonee e la tuta. “Quasi 550 mila giovani con alti livelli in Basilicata, 82%, in Campania, 65% e in Sicilia, 64%.”. Una delle soluzioni di ripiego e alternativa è l’ospitalità in qualche struttura privata o negli oratori.
‘L’offerta di impianti e servizi sportivi nelle regioni italiane. Fabbisogni della pratica sportiva’ è stato il riferimento dell’appuntamento promosso per ufficializzare i dati del Rapporto nazionale realizzato da Svimez, l’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria del Mezzogiorno e dall’UISP, l’Unione Italiana Sport Per Tutti-Associazione di Promozione Sociale, rappresentate, rispettivamente, dal direttore Luca Bianchi e dal presidente Tiziano Pesce. Il Rapporto, racchiuso in un’ottantina di pagine, è articolato e segmentato in tre porzioni: una riguarda il confronto internazionale fra la realtà italiana e quella degli altri paesi; la seconda descrive soprattutto le metodologie applicate e l’ultima riporta i risultati, che precedono le inevitabili e opportune conclusioni.
“Un impulso al generale miglioramento potrebbe arrivare dai fondi del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con almeno 3 miliardi di euro, per il completamento dell’efficienza energetica”, ha rilevato Beniamino Quintieri, presidente dell’istituto per il Credito Sportivo. Da evitare, possibilmente, interventi in zone dove c’è meno necessità, ma amministrazioni pubbliche locali maggiormente attrezzate e competenti nella definizione dei progetti. Le realizzazioni, invece, dovrebbero avvenire dove il bisogno è più evidente e necessario. “Sarebbe opportuno rivedere anche i programmi scolastici e rafforzare il rapporto e la collaborazione fra pubblico e privato”.
Le chiusure durante il periodo del lockdown hanno ulteriormente aggravato la situazione sia dei gestori degli impianti che delle società sportive. “Consentire l’attività ai giovani in molteplici casi è un peso anche per le famiglie, già colpite dall’inflazione e dai vari rincari”, ha ammesso il presidente dell’UISP Tiziano Pesce. I gestori devono affrontare le oscillazioni delle tariffe energetiche, per lo più in alto e il periodo delle concessioni non è particolarmente lungo, mediamente non superiore ai dieci anni, per poter affrontare investimenti impegnativi, anche se una sufficiente quota ottiene il controllo degli impianti gratuitamente, soprattutto in Trentino-Alto Adige, 54,55% e in Calabria, 50%. I contratti di gestione non a titolo gratuito prevedono un canone annuale al di sotto dei 5 mila euro per il 41% degli impianti.
Nel corso degli interventi, gestiti dalla giornalista Erika Primavera, Marco Mezzaroma ha proposto “un modello alternativo di gestione rivolto soprattutto a chi non ha la possibilità economica di far praticare qualsiasi. disciplina si propri figli”. Un richiamo “al diritto di praticare un’attività sportiva”, che, oltre ai benefici sanitari, ha quelli dei valori sociali, in quanto favorisce l’inclusione, l’integrazione, l’aggregazione e il rispetto delle regole e dell’avversario.

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