È stato uno degli artefici del primo indimenticabile scudetto calcistico della Lazio, nonostante non avesse ancora vent’anni Vincenzo D’Amico, che si è spento nella giornata d’inizio luglio al Policlinico ‘Agostino Gemelli’ di Roma. Doveva compiere 69 anni il prossimo 5 novembre. Era del 1954 come risulta sui registri anagrafici comunali di Latina. E proprio con la locale COS aveva cominciato l’avventura nel calcio, elevata nella stagione 1969/70 nell’Almas, storica società della capitale e, poi, il passaggio alla Lazio, che a quel tempo aveva il riferimento ai campi verdi di Tor di Quinto. Era alto un metro e 72 centimetri, ma la tecnica era di assoluta qualità. La zona del terreno di gioco preferita era verso la porta avversaria, con l’inventiva a disposizione dell’attaccante. Nella stagione del tricolore Tommaso Maestrelli l’ha proposto quasi a fianco a Giorgio Chinaglia, un po’ come assistman togliendo un centrocampista di contenimento, con caratteristiche più prudenti, difensive. E nell’anno dello scudetto D’Amico era riuscito a vincere anche quello dell’Under 23. Nella zona della prima squadra era arrivato quando sulla panchina sedeva Juan Carlos Lorenzo. Terzo nella particolare graduatoria delle presenze con la maglia biancoceleste dopo Giuseppe Wilson, il capitano della squadra-scudetto e Aldo Puccineli. Dal 1971 al 1980 e, poi, dal 1981 al 1986 Vincenzo D’Amico ha collezionato 276 presente fra serie A e serie B realizzando 40 reti. Complessivamente fra campionato e coppe D’Amico è sceso in campo in maglia biancoceleste, anche con la fascia da capitano nei momenti critici e complicati della prima inchiesta sul cosiddetto ‘calcioscommesse’, in 338 occasioni. Nel 1980/81 era passato, malvolentieri, al Torino per una stagione non proprio esaltante, condita da 26 presenze e un solo gol. L’anno successivo è nuovamente nella capitale, sulla sponda laziale del Tevere. A 32 anni ha cercato di sostenere le ambizioni dell’ex compagno di squadra dell’anno dello scudetto Mario Facco, che a quel tempo, 1986, guidava la Ternana in C/2. Un paio di stagioni con 20 reti in 56 partite disputate, però senza centrare l’obiettivo. D’Amico per le potenzialità e le doti innate, forse, ha raccolto meno di quello che avrebbe potuto. In particolare con l’azzurro nazionale. Da quel colore è rimasto lontano, solo intravisto in un paio di convocazioni dell’allora Commissario Tecnico Enzo Bearzot, nel settembre del 1980 per gli impegni contro il Lussemburgo e la Danimarca. Il campo e l’esordio con l’Italia dei grandi è rimasto un desiderio non esaudito. Eppure aveva giocato in tutte le rappresentative giovanili: 10 presenze nell’Under 18, una nell’Under 23, 7 con una rete nell’Italia B e 4 con un tris di realizzazioni nella selezione Militare. Nel club aveva trionfato nel campionato con la squadra ‘De Martino’ nel 1970/71 e, come ricordato, in quello degli Under 23 nel 1973/74. In nazionale, oltre che per i comportamenti non proprio apprezzati da Enzo Bearzot, era probabilmente oscurato da Franco Causio e Claudio Sala, le allora ali di fantasia, gli attuali esterni alti, di Juventus e del Torino. Riposti gli scarpini D’Amico è stato osservatore per qualche anno della Lazio e dirigente in serie D con la siciliana Adrano e a Latina e, soprattutto, commentatore televisivo nelle trasmissioni e nelle rubriche sportive della Rai, fra cui a ‘Stadio Sprint’, ’90° Minuto’ e per i programmi di International nel’La grande giostra del gol’. Nelle valutazioni e nelle considerazioni è stato quasi sempre abbastanza pacato. Lo scorso maggio la rivelazione della malattia, che dopo un paio di mesi è risultata fatale. Messaggi di cordoglio sono stati sottoscritti sia dal panorama calcistico e sportivo che da quello dell’amministrazione pubblica locale e nazionale.
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