Stop ai pesti…uccidi

Dossier di Legambiente sulla chimica in agricoltura e nella zootecnia. Aumenta la produzione e l’export del biologico

 

Italia leader in Europa per la produzione di alimenti biologici, fra i primi paesi per la superficie agricola utilizzata in un settore sempre più attrattivo per i giovani con invidiabili balzi in avanti e un export in continua e costante crescita, ma ancora condizionato da troppe sostanze chimiche. Legambiente, a questo proposito, ha preparato e presentato il periodo dossier, ‘Stop ai pesticidi’, realizzato in collaborazione con Alce Nero per stampare la situazione sull’intera penisola in merito al consumo di fitofarmaci nelle coltivazioni agricole. Nel nostro Paese nel 2020, a leggere i dati di Eurostat e pubblicati dalla Commissione Europea, è stato registrato un incremento dell’8,66% della vendita di fitofarmaci rispetto all’anno precedente. Dei 121.550.398 chili distribuiti, quasi la metà sono fungicidi, il 21% erbicidi, il 16,16% insetticidi e acaricidi. In tutta Europa, nello stesso periodo, sono state vendute ben 350 mila tonnellate di pesticidi con l’Italia in ottima posizione come, fra gli altri, la Spagna, la Francia e la Germania, che complessivamente rappresentano il 75%.
L’approfondito studio di Legambiente è stato illustrato nella capitale alla presenza di alcuni riferimenti istituzionali, di agronomi, ricercatori ed esperti del settore. Nel periodo di confinamento domestico deciso per contenere i contagi da Covid-19 i consumatori italiani hanno dimostrato un particolare interesse verso le produzioni biologiche e di qualità e mostrando attenzione sulla provenienza. Sulla nostra penisola il 17,4% dei campi è coltivato a biologico. I giovani coinvolti sono 86.144 con una lievitazione del numero del 5,4%. Aumentano anche le esportazioni delle eccellenze Made in Italy, che toccano quota 3 miliardi e 400 milioni di euro.
Lo scorso marzo, dopo tredici anni di attesa, è stata approvata la nuova normativa, che, fra l’altro, nel PAN, il Piano di Azione Nazionale, prevede per la produzione biologica uno stanziamento di 3 miliardi di euro diluiti nel prossimo quinquennio. “La diminuzione della chimica favorisce la fertilità dei suoli, il rispetto dei cicli naturali, la biodiversità e il benessere animale assicurando cibo sano per i consumatori”, ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio. Le indicazioni europee sono evidenti attraverso i piani ‘Farm to Fork’, ‘Dalla fattoria alla tavola’, e ‘Biodiversità 2030’, secondo cui entro quell’anno dovrebbe diminuire la quota dei pesticidi in agricoltura e degli antibiotici negli allevamenti del 50% e dei fertilizzanti del 20% con il raggiungimento di almeno un/quarto dei terreni coltivati a biologico e del 10% delle aree destinate a fasce tampone e ad alta biodiversità. E, inoltre, l’Unione Europea ha imposto limitazioni alle importazioni di alimenti con tracce di sostanze non consentite nel Vecchio Continente. È la prima volta da parte di un paese componente dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. L’uso di alcuni insetticidi, dopo il parere dell’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare con base operativa a Parma, fin dal 2018 erano stati messi al bando dall’Unione Europea, in quanto giudicati rischiosi per le api, formidabili impollinatori e sentinelle sulle condizioni dell’ambiente del pianeta. Le associazioni ambientaliste sollecitano la conferma di questa disposizione e l’attuazione dal 2023 in poi. All’Italia è riservata una riduzione del 62% di fitofarmaci e del 54% delle sostanze attive pericolose, sempre entro il 2030, seguendo le linee del PSN, il Piano Strategico Nazionale della PAC, la Politica AgroAlimentare.
Carlo Jacomini dell’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e Lorenzo D’Avino del CREA, il Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria, hanno rivelato come “l’impatto dei residui di fitofarmaci sui microrganismi del suolo sia invasivo” e dannoso. Nel 2022 sono stati analizzati 4.313 campioni di alimenti di origine vegetale e animale e oltre la metà erano stati considerati nei limiti consentiti dall’attuale normativa”. Nei poco più del 44% del casi, invece, sono state rilevate tracce di fitofarmaci soprattutto nella frutta. Nelle pere, oltre il 91%, nell’uva, 88% e nelle pesche, 81%. Bassa la percentuale nei piccoli frutti, come bacche, lamponi e more. Risale, ma non scavalla la soglia della metà, nelle verdure con l’eccezione di peperoni e pomodori, rispettivamente al 61% e al 55%. Nella sezione dei trasformati i cereali e il vino sono quelli con la maggiore quota di residui regolari.
Sostanze chimiche dannose anche per il genere umano. I molteplici disagi sono ormai dimostrati da vari approfondimenti promossi dai ricercatori di numerosi paesi. I primi ad essere coinvolti, naturalmente, sono gli stessi agricoltori. Presenze di pesticidi sono state scoperte anche nelle acque. L’ISPRA, nel biennio 2019-2020, ha analizzato 31.275 campioni per ricercare 426 sostanze, poi trovate nel 55% dei 1.837 punti di monitoraggio. Meno, molto meno, in quelle sotterranee.

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