Dance olimpica

La break inserita nel programma dei Giochi del 2024 a Parigi. La decisione ufficializzata dal CIO

Chi avrebbe ipotizzato? Almeno fino a qualche anno fa? Esibizioni ed evoluzioni negli spazi all’aperto come show naturali, spontanei, in alcuni casi accompagnati dalle note ritmate fuoriuscite dagli altoparlanti portatili alimentati da vistose batterie. Giovani impegnati in mosse figurate stravaganti, pirotecniche, spettacolari, con il passar del tempo regolamentate, ma sempre originali e scritte e trascritte in un copione, in uno spartito preciso e lineare. Quei movimenti elasticamente atletici sono diventati sorprendentemente anche una forma sportiva tanto che i protagonisti sono finiti per essere riconosciuti e inglobati in una federazione. Inevitabile, quindi, l’organizzazione di periodici appuntamenti, sia nazionali che internazionali. Una soluzione dall’apparenza più che naturale, evidente, scontata.
La break-dance è stata inserita nel programma olimpico del 2024 quando i Giochi dei cinque cerchi pluricolorati saranno ospitati in Francia, a Parigi, riferimento storico della bohemien. Un vero e proprio colpo di scena, anche se prevedibilmente atteso. Il cartellone è stato ufficializzato nei giorni scorsi dal CIO, il Comitato Olimpico Internazionale, che aveva provveduto a spostare straordinariamente di un anno, nel 2021, l’evento giapponese di Tokyo a causa del temibile contagio da Covid-19. A Parigi, nel 2024, rispetto ai Giochi nella capitale del paese del Sol Levante saranno da ammirare anche le prove degli specialisti dell’arrampicata, dello skateboard e del surf, oltre, naturalmente, a quelli della break-dance. Nelle rispettive aree domiciliari, invece, resteranno amaramente i protagonisti del baseball e del softball e del karate. In flessione anche il plotone degli atleti partecipanti, ‘solo’ 10 mila e 500, 600 in meno rispetto alle presenze previste a Tokyo. I podi allestiti a Parigi saranno 329, una riduzione a guardare quelli da salire in Giappone la prossima estate. Un risparmio di una decina di inni, bandiere, stendardi, gonfaloni e medaglie. Nell’atletica leggera, fra l’altro, sarà cancellata la tradizionale e appassionante 50 chilometri di marcia, probabilmente sostituita da una non ancor meglio comprensibile e identificata ‘prova mista’. L’aggiornamento nel ritorno in Europa della quadriennale scadenza, massima espressione dello sport planetario, dovrebbe coinvolgere anche la pedana del sollevamento pesi e l’azzurro acquatico della vela.
La break-dance, intanto, è stata al centro delle competizioni giovanili in Argentina. A Buenos Aires, nell’apposita Olimpiade, erano iscritti anche un paio di promettenti e ambiziosi italiani, la ventenne veneta di Santa Lucia di Piave Alessandra Cortesia e il giovane Mattia Schinco. “Un evento storico per il mondo della danza sportiva”, ha commentato Michele Barbone, dal 2016 presidente della Federazione Italiana, originata nel 1996 e riconosciuta dal CONI come unica promoter dell’attività agonistica dal giugno del 2007. Il settantaquattrenne pugliese di Bari, al comando della FIDS con base a Roma, ha aggiunto anche che, così, “è stata trovata la forma per l’espressione più pura” della specialità. Al vertice della Federazione Italiana Danza Sportiva si sono alternati, via-via dal 1999 Novella Calligaris per un biennio come Commissario Straordinario del CONI; Ferruccio Galvagno fino al 2011; Luca Pancalli, altro rappresentante del Comitato del Foro Italico; Giovanni Costantino, al limite del 2016 e, quindi, Michele Barbone. La Federazione promuove e organizza eventi a livello sportivo anche del cheerleading.
Quel ballo di strada è spuntato intorno agli anni Sessanta negli Stati Uniti, in particolare a New York, nel Bronx, con le sfide fra afro e latino-americani, ‘b-boys’, protagonisti di innovativi e originali movimenti, alcuni mozzafiato. Immancabili le ramificazioni anche per alimentare l’hip hop e altre espressioni diventate artistiche e sportive. Qualcuno ha sfiorato il parallelo con il curling posto nel cartellone dell’Olimpiade Invernale.
Ed è anche impossibile non accostare le molteplici e spettacolari piroette a quelle dell’allora giovane americana Jennifer Beals, nella pellicola del 1983 ‘Flashdance’, quando indossava di giorno la tuta di operaia saldatrice e poi i panni di ballerina in un locale notturno con l’obiettivo, raggiunto, dell’ammissione nell’Accademia di Danza di Pittsburgh. Il film di Adrian Lyne, con musiche di Giorgio Moroder e soggetto di Thomas Hedley junior e la complice sceneggiatura di Joe Eszterhas, ha conquistato il pubblico e la credibilità degli osservatori del cinema, gratificato da 201 milioni di dollari di incasso al mondiale botteghino e da una pioggia di riconoscimenti. Nel 1984, fra gli altri, Oscar come ‘Migliore Canzone’, ‘Flashdance… What a Feeling’ di Giorgio Moroder, Keith Forsey e Irene Cara; Golden Globe per la ‘Migliore Colonna Sonora’ e ‘Canzone’; Premio BAFTA, British Academy Film Awards, per il ‘Montaggio’ agli americani Bud S. Smith e Walt Muconery. Quell’assoluta novità non ha avuto seguiti sul grande schermo, soprattutto per il probabile irrigidimento della protagonista, ma molti adattamenti teatrali in ogni angolo del pianeta. Un musical che ha lasciato inalterato l’emozionante, trascinante e decisivo show conclusivo del test per l’ingresso nell’Accademia attraverso un mix di danza classica, moderna e break-dance. In Italia ‘Flashdance’ è stato il successo cinematografico della stagione 1983-1984.

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