A Roma non calerà il velo con la tabella game over sul parquet degli impianti sportivi, palcoscenici delle spettacolari evoluzioni del miglior circus della pallacanestro sia italiana che, eventualmente, internazionale. Il gonfiabile sulle agitate acque della situazione segnalata nella capitale è stato Claudio Toti, ancora patron della Virtus, che ha posto le condizioni per una felice risoluzione dell’iscrizione al prossimo campionato della massima serie. “La decisione era legata alla possibilità di riequilibrare i parametri necessari a completare positivamente l’iter”, ha rilevato Toti, alla guida della società dai primi anni del nuovo secolo. “È stata una soluzione difficile da prendere, dove sentimento e ragione dovevano opportunamente confrontarsi e completarsi. L’evidente intenzione era sia di far rimanere la Virtus patrimonio del basket e della città che di avere speranze maggiori per la cessione” della società, ipotizzata entro il mese di agosto e con la squadra regolarmente in A/1. Da tempo, ormai, Toti ha annunciato il personale disimpegno e la ribadita volontà di trasferire il vertice della società ad altri interessati. “L’intenzione riguardava la chiusura della trattativa in anticipo rispetto alla scadenza fissata per l’iscrizione, ma non è stato possibile”. Lo stop per la richiesta di partecipare al prossimo massimo campionato di pallacanestro era previsto per l’ultimo giorno di luglio. Claudio Toti, non ancora sessantaseienne, originario di Montevideo, capitale dell’Uruguay, è ingegnere, fra l’altro nella Lamaro e con il marchio di quell’azienda ha conquistato nel 2002 lo scudetto nel calcio a 5. Aveva ricevuto il timone della società romana dopo una stagione intermedia gestita dall’attuale presidente del CONI Giovanni Malagò, alla vigilia della stagione 2001/2002. La Virtus Pallacanestro, nasce praticamente nel 1960 dall’unione sottoscritta nei pressi di San Pietro dal Gruppo Sportivo Borgo Cavalleggeri e da quello del San Saba. Quattro gli iniziali protagonisti: Franco Pileri, Paolo Ragnisco, Rino Saba e Armando Polidori, primo presidente dell’ormai sessantennale storia. Sulla mensola, in bellamostra, sono raccolti i trofei conquistati negli anni, stagione-dopo-stagione. Sul territorio nazionale uno scudetto, nel 1982/83, che ha portato alla Coppa dei Campioni alzata l’anno dopo, il 29 marzo del 1984, al Patinoire di Ginevra grazie al successo sul Barcellona, 79 a 73 e anche alla prestigiosa Intercontinentale. Alla guida della squadra Valerio Bianchini e sul parquet le indimenticabili performance soprattutto di Larry Wright, Enrico Gilardi, Fulvio Polesello e Marco Solfrini. E, poi, la Supercoppa italiana e un paio di Coppa Korac, nell”85/86 e nel ’91/92. Sotto il canestro romano sono passati vari giocatori, anche stranieri come Dino Radja protagonista nella vittoria della seconda Korac nel derby nazionale contro la Scavolini Pesaro. In panchina hanno coordinato le gesta alcuni coach importanti nel panorama della pallacanestro, fra cui dal primo Maurizio Polidori allo stesso Valerio Bianchini, da Mario De Sisti a Giancarlo Primo, da Portare Skansi a Paolo Di Fonzo, da Attilio Caja a Piero Bucchi fino a Nello Paratore e Franco Casalini. Una storia tinta e ritinta, costellata da successi e delusioni, trionfi e tonfi, saliscendi per lo più aggirati e ammortizzati, assorbiti dalla tifoseria, la cui parte più calorosa ha dedicato la curva, come quella della Juve Caserta, a Davide Ancillotto. Aveva 23 anni quando è stato colpito improvvisamente da un malessere il 17 agosto del 1997 a Gubbio, nel corso di una partita di precampionato. Il giovane, poi, si è spento dopo una settimana all’ospedale romano ‘San Filippo Neri’. La maglia, la sua, la numero 4, è stata ritirata il 24 marzo del 2001. Alternate, nel tempo, diverse proprietà: dall’iniziale quasi pioneristica a quella del Gruppo Ferruzzi con Carlo Sama presidente e stemmata Il Messaggero, noto quotidiano romano. Il Gruppo Ferruzzi è rimasto incagliato nella cosiddetta inchiesta ‘Mani Pulite’ fra il 1992 e il 1993 e inevitabilmente costretto a lasciare. Angelo Rovati ha provveduto a raccogliere i cocci e ridimensionato gli ambiziosi e dispendiosi progetti dei Ferruzzi mantenendo comunque l’attenzione e la passione per il basket nella Città Eterna. Giorgio Corbelli ha evitato la caduta con l’acquisizione dei diritti dell’Aurora Desio prima dell’arrivo della famiglia Toti, che, comunque, ha continuato a rinnovare la tradizionale presenza della specialità sportiva nella capitale e alimentato la passione e la partecipazione anche sugli spalti dell’attuale PalaLottomatica dell’EUR e del Presente dello Sport di viale Tiziano. Il provvidenziale blitz di Claudio Toti poco prima del trillo della campanella per i colori della società della capitale e di quello di Cremona ha contemporaneamente raffreddato fino al congelamento le aspirazioni di Torino, che puntava all’ascensione nel basket italiano d’élite. L’aggirante manovra piemontese era stata azionata dopo il blocco dei campionati e l’annullamento delle posizioni in classifica e dei relativi esiti per le promozioni e le retrocessioni a causa del Coronavirus. E allora, a meno di altri clamorosi colpi di scena, tutto dovrebbe restare com’era.
|