È stato un assoluto protagonista di quel cosiddetto ‘motociclismo da pionieri’, individuato e rappresentato nel periodo dell’immediato dopoguerra Carlo Ubbiali, scomparso nei primi giorni di giugno a Bergamo dove era nato il 22 settembre del 1929. È stato un rilevante rappresentante del motociclismo veloce, ma anche astutamente tattico nelle competizioni, in modo da premiare maggiormente il risultato finale della stagione che l’appuntamento singolo in calendario. E, nonostante questi progetti, è stato in grado di vincere, fra il 1949 e il 1960, ben 39 corse delle 74 disputate e arricchite con 34 giri veloci e da 68 podi. È riuscito a salire sul gradino più alto del podio, con tanto di voluminosa corona d’alloro al collo, in oltre la metà delle competizioni a cui ha partecipato. Nove i titoli mondiali vinti. Sei nella categoria della 125 e gli altri con la motorizzazione 250, dette anche ‘quarto di litro’, tutti a cavallo della MV Agusta. La storica casa lombarda, al momento la più titolata, almeno in Europa, dal 1952 al 1974 ha conquistato 75 titoli, 38 con i piloti e 37 fra i costruttori. Ubbiali, soprannominato ‘la volpe’ per l’attento comportamento e atteggiamento adottato e mostrato in pista, ma anche ‘il cinesino’ per una conformazione fisica caratterizzata anche dagli occhi di taglio e aspetti orientali, ha esordito con un successo nel 1947 alla guida di una DKW nel Gran Premio delle Mura di Bergamo e la successiva e inevitabile squalifica in quanto non ancora diciottenne. In precedenza aveva contribuito all’affermazione dei fratelli Franco e Maurizio Ubbiali nella Coppa di Bergamo. Nel 1948, a 19 anni, da meccanico al seguito è diventato casualmente pilota sul circuito ricavato negli spazi della Fiera Campionaria di Milano per concludere sorprendentemente alle spalle di Nello Pagani. Un predestinato. Secondo anche alla festa per la riapertura del circuito di Monza e nel 1950 prima vittoria mondiale, nel Gran Premio dell’Ulster, sulla pista di Dundrod. Al termine della stagione piazza d’onore nella classifica iridata delle 125, al pari di Gianni Leone e Bruno Ruffo. L’entusiasmante escalation è scritta sulle pagine della storia: dal 1951 nove titoli mondiali in una decina di stagioni prima del ritiro e l’impegno nell’officina di famiglia e di consulente per il marchio di Cascina Costa. Ubbiali ha contribuito all’apparizione, all’ingaggio, alla crescita e all’affermazione di un grande interprete italiano del motomondiale, del bresciano Giacomo Agostini, per lo più a cavalcioni di una MV Agusta, dove la sigla iniziale sta per Meccanica Verghera, che anticipa il nobile riferimento del fondatore. Carlo Ubbiali ha ricevuto al Foro Italico nell’autunno del 2019 il Collare al Merito Sportivo, la massima onorificenza assegnata dal CONI, il Comitato Olimpico Nazionale. Ha trionfato anche nell’ultimo Gran Premio organizzato a Senigallia, nel 1956 e sul circuito olandese di Assen è riuscito in una decina di appuntamenti a conquistare quattro vittorie e nove podi, tanto da guadagnare la prestigiosa qualifica di ‘professore’ su un circuito considerato e riconosciuto da più parti come ‘l’università delle moto’. Cinque i successi al Tourist Trophy nell’Isola di Man. Ubbiali potrebbe essere stato il primo componente di un prestigioso quadrifoglio di piloti italiani, assolute star del motociclismo veloce. Alla storia passano, fra gli altri, il quasi settantottenne Giacomo Agostini, come dire quindici titoli mondiali, otto nella 500 e sette nella 350 con il palmares costellato da 311 vittorie, di cui 123 in gare internazionali, fra il 1963 e il 1977. Diciotto titoli nazionali, oltre a quello di velocità in salita e nella categoria juniores. Vittoria anche nella 200 miglia di Daytona, nel 1974, con la Yamaha. Commendatore della Repubblica Italiana per volere del Quirinale nel 2013, Collare d’Oro al Merito Sportivo assegnato l’anno dopo e targa dell’universalità posta al Foro Italico nel 2015 per diventare indimenticabile e indimenticato. A 41 anni è ancora in attività Valentino Rossi. Curriculum aggiornabile, quindi, per l’estroverso pilota iscritto all’anagrafe di Urbino dal 16 febbraio del 1979 e figlio di Graziano Rossi, ex protagonista del motociclismo veloce. Almeno finora Valentino Rossi ha collezionato nove titoli mondiali, praticamente in ogni cilindrata: sei nella Moto GP e uno ciascuno nella 125, nella 250 e nella 500. Il parziale bottino è composto da 115 vittorie, 234 podi, 65 pole position e 6.247 punti conquistati nelle 402 gare disputate. L’esordio risale al 1996. Ha corso anche tre rally nel Mondiale del 2002. È proprietario dello Sky Racing Team VR46. Il numero adottato e ormai di proprietà. Negli anni ha scorrazzato e vinto con l’Aprilia, la Honda, la Yamaha e la Ducati. In questa stagione è parcheggiato come tutti ai rispettivi box per la sospensione del Mondiale e dell’attività dell’intero movimento a causa del Coronavirus. Previsti appuntamenti senza pubblico, ma manca ancora l’ufficializzazione dell’aggiornato calendario. Al quadro tricolore e lontano da apparenti forzature potremmo aggiungere il quasi quarantanovenne romano Max Biaggi, sui personali documenti Massimiliano, che ha messo in bellamostra sulla mensola quattro corone mondiali della 250 e un paio della Superbike, targate 2010 e 2012. 42 i successi al termine delle 215 corse. 111 i podi. 56 le partenze al palo. 42 i giri veloci. Nelle stagioni di fine carriera nella Superbike le affermazioni sono state 21, i podi 71, le pole position 5 e i giri veloci 18 nelle 159 gare.
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