I big della pallavolo

‘Hall of Fame’. I riconoscimenti ad atleti, dirigenti e tecnici sono stati consegnati al CONI

La storia, la memoria, i valori dell’intero movimento della sempre più partecipata disciplina sportiva racchiusi ed esaltati nella ‘Hall of Fame’ della pallavolo italiana. La giornata di celebrazioni e festeggiamenti, arricchita dai racconti e dalle ricostruzioni delle imprese e dai molteplici e curiosi aneddoti, è stata promossa al Salone d’Onore del CONI alla presenza dei vertici del Comitato Olimpico Nazionale e della FIPAV rappresentati da Giovanni Malagò e Pietro Bruno Cattaneo e dalla responsabile del Marketing della DHL Express Italy Simona Lertora, l’azienda che nel 2019 festeggia i cinquant’anni di attività ed è vicina alle nazionali azzurre maschili e femminili.
Ventisei i protagonisti della pallavolo italiana inseriti nella ‘Hall of Fame’. Dopo quelli inseriti nel 2016: Lorenzo Bernardi, Vigor Bovolenta, Marco Bracci, Luca Cantagalli, Andrea Gardini, Andrea Giani, Andrea Lacchetta, Luigi Mastrangelo, Fabio Vullo e Andrea Zorzi, sono stati indicati altri atleti, anche del beach volley; tecnici; arbitri e dirigenti.
Premio speciale per un tris di cosiddetti ‘Padri Fondatori’, i modenesi Franco Anderlini, scomparso in un incidente stradale nell’84 e Angelo Costa, morto nel ’79 a 61 anni e il livornese Renzo Del Chicca, a cui una malattia è stata fatale nel ’95.
Passerella anche per l’arbitro anconetano Luciano Gaspari, che in carriera ha fischiato e deciso in quasi 650 partite.
Premiato il giornalista Carlo Gobbi, decano dei resoconti non solo della pallavolo.
Flash su un paio di dirigenti, il romagnolo di Cervia Giuseppe Brusi e Carlo Magri, prima presidente della squadra di Parma, in grado di conquistare tutti i trofei italiani e internazionali e poi a lungo della Federazione, dal giugno del 1995 e riconfermato per ben cinque volte. E con la presidenza-Magri l’Italia è diventata una vera e propria potenza della pallavolo con una raffica di successi e prestigiosi podi, ma non l’oro olimpico. Ha promosso e sostenuto l’organizzazione di grandi appuntamenti in Italia e la poderosa diffusione ormai inarrestabile del beach volley.
A proposito di beach volley, apripista anche per altre discipline sportive per giocare sulla particolare superficie, è stato premiato Angelo Squeo, milanese, quasi 200 presenze con la maglia azzurra della pallavolo, fra l’altro tricolore due volte a Roma con la Federlazio e una a Bologna con la Mapier negli anni Ottanta. Angelo Squeo, però, è considerato il ‘padre’ del beach volley nel nostro Paese con il viaggio ispiratore nell’84 negli Stati Uniti, in California. A Cervia ha posto la base per la divulgazione in Europa. All’epoca era giocato appassionatamente e agonisticamente solo sulle spiagge dell’udienza Brasile e degli Stati Uniti. Da hobby e sfide fra amici e parenti è diventato ben presto una vera e propria disciplina, anche olimpica, con grande seguito di praticanti e di spettatori.
“Atleti. Per sempre. Nella grande ‘famiglia’ della pallavolo”: una frase, un’espressione, quasi un sentimento ripetuto più volte nel corso della consegna dei riconoscimenti. Ecco Manuela Benelli, palleggiatrice, una monarca della specialità, di Ravenna, dove è riuscita a vincere con l’Olimpia Teodora undici scudetti consecutivi, dall’80 al ’91, conditi da un Mondiale per Club; otto coppe, due di Campioni e le altre d’Italia. In nazionale, dall’81, ha collezionato 325 maglie azzurre e ha conquistato nell’89 il bronzo europeo. Una rarità. Un’impresa. Assoluta in quei tempi. A 56 anni è ancora coinvolta nella Volley Academy Manu Benelli, una scuola dedicata esclusivamente ai palleggiatori.
Manuela Benelli è stata il riferimento di Eleonora Lo Bianco, piemontese di Borgomanero, che ha giocato con lo stesso numero stampato sulla maglia, il 14. Ha collezionato presenze in azzurro, 548 e successi, fra cui 3 scudetti, uno in Turchia; altrettante Champions League e trofei nazionali e con la selezione, un paio di Europei, podi a tutti i livelli; due World Cup e una Grand Champions Cup. Ha partecipato a ben cinque edizioni dei Giochi, da Sydney a Rio de Janeiro passando per Atene, Pechino e Londra.
Commovente il ricordo e la partecipazione del Salone per Sara Anzanello, la veneta scomparsa lo scorso ottobre all’età di 38 anni. Aveva collezionato 278 maglie azzurre, con le quali aveva vinto l’oro al Mondiale e una collezione di medaglie alle varie edizioni dell’Europeo e al World Grand Prix. Doppio massimo risultato nella World Cup. Al Foro Italico erano presenti i più stretti familiari.
A questo punto come non rivolgere lo sguardo a Vigor Bovolenta perduto nel 2012 a neanche quarant’anni.
Nel settore maschile onori e gloria riconosciuto ad Andrea Nannini, Samuele Papi e Paolo Tofoli. Il modenese Nannini è stato protagonista negli anni Sessanta e Settanta con la conquista di 4 scudetti fra Firenze e la città emiliana. 193 le presenze in nazionale con l’oro all’Universiade del 1970. Papi, da Ancona, ha appesantito la bacheca con una collezione di vittorie nei club e in nazionale, fra cui 6 scudetti; una decina di supercoppe nazionali ed europee; trofei; Champions League; Coppa delle Coppe e Coppa CEV e in azzurro l’intero campionario dei metalli meno preziosi ai Giochi dei cinque cerchi multicolorati; oro al Mondiale; alla World League e all’Europeo. Quattro partecipazioni all’Olimpiade e altrettanti podi. Tofoli ha raccolto nella carriera numerosi successi, fra cui medaglie olimpiche, mondiali ed europee con la cosiddetta ‘Generazione di Fenomeni’, che hanno determinato la svolta decisiva per la pallavolo italiana. Resterà nella storia anche per il tricolore conquistato a Roma con la Piaggio nella stagione 1999/2000. Ha ascoltato l”Inno di Mameli’ in 342 occasioni.
Alcuni tecnici hanno contribuito in modo determinante alla crescita verticale della disciplina nel nostro Paese, in particolare il siciliano di Catania Carmelo Pittera, dal ’78 alla guida degli azzurri e fondamentale nell’impresa del ‘Gabbiano d’argento’ al Mondiale di Roma. Italia superiore agli allora invincibili cubani in semifinale e stop solo contro l’Unione Sovietica. Un sorprendente tripudio, al pari di quello ottenuto da un’altra pietra angolare della storia della pallavolo italiana, l’argentino Julio Velasco. Dopo aver riportato lo scudetto a Modena e per quattro stagioni, dal 1985 al 1989, ha issato l’Italia ai vertici planetari. Bilancio: argento olimpico nel ’96 ad Atlanta, 2 titoli mondiali, 3 europei, 5 World League e altri trofei raccolti nel cammino. La pallavolo italiana è ormai una potenza rispettata e temuta af ogni latitudine. E arricchisce la bacheca e appesantisce le mensole. Velasco nel 1997 è chiamato ad elevare la nazionale femminile. Ha l’intuizione di creare il Club Italia dove sono formate le protagoniste della vittoria al Mondiale nel 2002 e dell’argento conquistato lo scorso anno in Giappone.
Foto: www.volleyball.it

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