L’ecosistema dello sport

Approfondimento su etica e fatturati dell’attività, soprattutto agonistica, promosso dalla LUISS e da Deloitte

Fino agli anni Sessanta, ma anche Settanta, le società sportive e, in particolare quelle calcistiche, pensavano quasi esclusivamente alla gestione dei tesserati, vincolati praticamente per sempre; poi la variazione di status e il conseguente sguardo fortemente interessato ai bilanci, alla cassa, per diventare pian piano delle vere e proprie imprese di un settore ormai industria. Dello sport. In grado di fatturare anche centinaia di milioni di euro. In Italia meno rispetto ad altri paesi dai movimenti a cifre colossali, forse impensabili fino a qualche anno fa. I numeri del contatore alimentati dagli impianti di proprietà; dalle somme erogate dalle varie emittenti per ottenere i diritti delle visioni televisive; dal merchandising; dalla pubblicità e dal cosiddetto ‘parco giocatori’ diventato quasi marginale o, comunque, importante per finanziare e rafforzare tutti gli altri aspetti. Il calcio è chiaramente capofila di questa trasformazione per ‘giochi’ di squadra. Solo nel 2017 il settore italiano ha prodotto un fatturato di quasi 3 miliardi e 300 milioni di euro consentendo all’Erario di incassare all’incirca un miliardo e 100 milioni di euro. Le società, nell’attualità e nell’adeguamento economico-industriale, sono in grado di calamitare interessi e capitali anche stranieri. Nella massima serie sono almeno cinque le società con vertici internazionali: il Bologna, l’Inter, il Milan, il Parma e la Roma. Nella Premier League dodici club su venti sono finanziati da proprietari non inglesi con fatturati strabilianti, come, fra gli altri, “il Manchester United, che avvicina quello della Ducati, 680 milioni di euro rispetto ai 750 milioni di euro della casa motoristica”, ha rivelato Cristiano Gianni, impegnato in una ricerca sul ‘Fenomeno sociale del calcio italiano’ con un ‘business da valorizzare’.
I risultati dell’approfondimento promosso dalla LUISS e da Deloitte, leader nei servizi di consulenza e revisione aziendale, sono stati al centro di un incontro, ‘L’ecosistema dello sport. Introduzione all’Osservatorio sull’Etica, lo Sport e l’Economia’, organizzato a Roma in un’aula della Libera Università Internazionale degli Studi Sociali di viale Romania. Lo sport, storicamente, ha un evidente e rilevante “impatto sociale”, che condiziona le abitudini e i comportamenti in ogni momento, da bambino, da adulto, da figlio e da genitore. È un valido ed efficace mezzo per superare e abbattere ogni tipo di barriera e favorire l’unione e l’integrazione sociale, etnica, religiosa ed economica.
In Italia oltre 20 milioni di persone praticano un’attività fisica, fra professionisti, dilettanti, amatori e appassionati. Le competizioni collegate al pallone sono le più seguite, “basta guardare e analizzare il numero degli iscritti al ‘Fantacalcio’, quasi 6 milioni. Nella lista dei cinquanta maggiori eventi internazionali generalmente seguiti ben quarantanove sono del mondo del calcio”. Nel nostro Paese, in generale, le aziende collegate all’attività sportiva sono quasi quarantamila; oltre centoventimila gli impiegati nel settore; 14 miliardi di euro il fatturato annuale con tendenza alla crescita anche per l’effetto-traino del calcio sulle altre discipline pur con rilievi più contenuti.
Gli esperti, comunque, tracciano già le proposte per risalire posizioni nel ranking calcistico mondiale. Necessaria una visione ancora più industriale da parte dei club attraverso l’ottimizzazione dei ricavi da match day; lo sviluppo di adeguati modelli commerciali; il potenziamento dell’offerta di servizi e di prodotti non sportivi; la capitalizzazione delle innovazioni tecnologiche; l’evoluzione della struttura organizzativa, anche in modo manageriale; l’investimento su stadi di proprietà, accoglienti, multifunzionali, moderni; la valorizzazione del ruolo della comunità, soprattutto, ma non solo, cittadina o regionale, insomma largamente territoriale e il sostegno alla gestione economica e sportiva dei calciatori. “Lo sport, comunque, non deve essere considerato un esclusivo affare delle società sportive professionistiche e degli operatori specializzati, ma, al contrario, rappresenta un asset che coinvolga le istituzioni, le scuole, le famiglie; i tifosi e i media”, ha ribadito Cristiano Gianni.
La LUISS nel 1999 ha costituito una Associazione Sportiva Dilettantistica. Il presidente è Luigi Abete. Quattordici le discipline praticate: atletica leggera; bridge; calcio, con la squadra allenata da Roberto Rambaudi; canottaggio; ciclismo; equitazione; golf; nuoto; pallacanestro; pallavolo; rugby; scherma; sci e tennis. Da qualche stagione l’ateneo coinvolge nel progetto anche alcuni atleti emergenti o noti per risultati ottenuti, a cui è concessa una borsa di studio in modo da garantire sia l’impegno didattico e formativo che la continuazione dell’attività sportiva di livello. Un po’ come fanno, con le dovute differenze, i gruppi sportivi militari e da anni le università soprattutto inglesi e degli Stati Uniti.

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