Leggi razziali nello sport

Documentario di Sky in occasione della Giornata della Memoria. Anteprima in Campidoglio

Sono passati quasi ottant’anni da quel 18 settembre del 1938 quando a Trieste Benito Mussolini, a capo del movimento fascista in Italia, ha pronunciato il primo famoso discorso sulla razza, che praticamente ha aperto ufficialmente la strada delle leggi discriminatorie sull’intera penisola. A questa novità, che nel tempo si è rivelata preoccupante in un contesto già drammatico, non è stato escluso l’intero movimento sportivo nazionale.
Quella storica fase, particolare e amara, è stata ricostruita e testimoniata con un documentario promosso dal vicedirettore di Sky Sport Matteo Marani e curato in collaborazione con Alessia Tarquinio. Una cinquantina di minuti, ‘1938. Lo sport italiano contro gli ebrei’, che ripercorre quel periodo e rileva la discriminazione subìta anche da dirigenti, allenatori, atleti professionisti e amatoriali dopo la promulgazione delle vergognose leggi razziali in Italia. Un contributo al documentario è stato offerto dallo scrittore Michele Sarfatti e dalli storico Marcello Pezzetti, che è stato in grado di ritrovare documenti significativi, fra cui un registro del 1938 contenente alcune relazioni del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, allora guidato da Achille Starace, dal quale mancavano tre pagine, strappate da chi probabilmente voleva evitare di essere coinvolto alla fine della Seconda Guerra Mondiale e dopo la caduta del regime fascista. Su quel registro, comunque, è stato possibile leggere, “in ottemperanza alle direttive che la politica del Regime ha stabilito in ogni attività della Nazione, per la salvaguardia della purezza della razza, il CONI ha provveduto alla esclusione di ogni elemento ebraico dai suoi quadri. Tale epurazione è oggi completa”.
CONI, quindi, partecipe e il Duce, anche se non grande sportivo, pronto a suonare la grancassa per i successi degli atleti delle “eccellenze della razza italiana”.
Lo sport e, soprattutto, le vittorie in alcune discipline, diventano macchina del consenso del potere, fra cui la nazionale azzurra di calcio, in grado di infilare una sensazionale trippetta internazionale in un solo quadriennio: il Mondiale in Italia nel 1934 e in Francia nel 1938 e l’oro olimpico ai Giochi del 1936 a Berlino con Vittorio Pozzo in panchina. Sul ring la mastodontica potenza di Primo Carnera esaltava la platea. Sulle polverose strade pedalava Gino Bartali, diventato staffettista sull’Appennino per salvare esseri umani e Tazio Nuvolari sfrecciava al volante delle nascenti auto da competizione. La propaganda del regime pensava di scuotere le passioni degli italiani attraverso lo sport e annunciava anche l’aumento dei tesserati nelle varie federazioni e una crescente partecipazione all’attività fisica e agonistica. Le imprese sono riportate con grande evidenza su alcuni periodici pubblicati all’epoca, fra cui Il Littoriale e Lo Sport Fascista.
Il documentario, proiettato in anteprima nella Sala della Protomoteca del Campidoglio con la partecipazione anche degli studenti coinvolti nel ‘Viaggio della Memoria’ organizzato da Roma Capitale nei campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau, offre il racconto di Lello Efrati, nipote del pugile Leone Efrati, una delle numerose vittime dell’azione nazitedesca. I giovani romani, poi, hanno partecipato all’iniziativa ‘Testimone dei testimoni’, per trasmettere alle nuove generazioni le emozioni e i commoventi ricordi degli ormai pochi sopravvissuti all’allucinante sterminio.
Matteo Marani, fra l’altro, ha portato alla luce con un libro la storia di Arpad Weisz. Una delle tante, troppe vicende tragiche di quegli anni. Il 25 gennaio a Bologna è stata intitolata proprio ad Arpad Weisz una curva dello stadio ‘Renato Dall’Ara’, solitamente occupata dai tifosi ospiti. Avrà la doppia denominazione, ‘Arpad Weisz-San Luca’. Dopo 74 anni è stata opportunamente riconosciuta la figura dell’ungherese di origine ebrea, che aveva allenato l’Ambrosiana Inter e il Bologna, con il quale ha vinto un paio di scudetti consecutivi, nel 1935/36 e nel 1936/37, dopo quello con la squadra neroazzurra di Milano. Weisz è riuscito a conquistare anche il Torneo dell’Esposizione Universale di Parigi, a quel tempo il massimo trofeo europeo, spazzando via i maestri inglesi del Chelsea per 4 a 1. Weisz, a causa delle leggi razziali, è stato costretto ad abbandonare l’Italia trovando rifugio e panchina in Olanda. Risultati positivi con il Dordrecht. L’occupazione nazitedesca, però, è stata fatale dopo soli un paio d’anni. È stato deportato prima nel campo di lavoro di Westerbork e poi ad Auschwitz per l’ultimo passo nella camera a gas il 31 gennaio del 1944 quando aveva 47 anni. Alla cerimonia nel capoluogo emiliano erano presenti il sindaco Virginio Merola, l’assessore Matteo Lepore, l’amministratore delegato e il general manager della società rossoblù Claudio Fenucci e Marco Di Vaio, il rabbino capo Alberto Sermoneta e il presidente della Comunità Ebraica di Bologna Daniele De Paz.
La molla per la realizzazione dello speciale è stata originata casualmente un anno fa sul palco del teatro ‘Dal Verme’ di Milano durante un incontro con al centro proprio la storia di Arpad Weisz.
Il documentario, ‘1938. Lo sport italiano contro gli ebrei’, sarà tramesso sulle reti Sky Sport 1 HD e 3 HD e Sky Arte HD.

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