La riproposizione del nucleare

Forum dell’AIN a Roma con i rappresentanti delle istituzioni, della ricerca e delle imprese per trovare soluzioni favorevoli alla decarbonizzazione e al raggiungimento dei parametri fissati dall’Unione Europea

Le imprese sarebbero disponibili con la competenza arricchita dalle esperienze maturate oltreconfine anche in collaborazione con altre aziende; la politica mostra un generale mix fra interesse e prudenza, trasversalmente, su tutto l’arco delle colorazioni dei partiti, oscillando da qualche decisa o timida apertura possibilista a dinieghi completi e l’opinione pubblica utilizzata secondo chi la chiama in causa con la testimonianza dei sondaggi forse di parte e certamente di comodo. Ad aleggiare su ogni decisione ci sono sempre gli esiti dei referendum del 1987 e del 2011 che hanno detto e confermato la messa al bando del nucleare. Il dibattito e il conseguente vasto coinvolgimento è stato riaperto in seguito ai limiti fissati dall’Unione Europea sulla decarbonizzazione, che sarà complicato raggiungere “solo con le rinnovabili”, hanno assicurato gli esperti, forse di parte e certamente di comodo.
Intanto gli incontri, i confronti e gli approfondimenti sono moltiplicati nel tempo, fra cui quello della Giornata Annuale promossa dall’Associazione Italiana Nucleare a Roma. ‘Il nucleare italiano nel panorama internazionale ed europeo’, che ha visto alternarsi sul palcoscenico del Teatro ‘Eliseo’ di via Nazionale i rappresentanti delle istituzioni, delle amministrazioni pubbliche, delle imprese e della ricerca.
L’attuale presidente dell’Associazione Stefano Monti, in apertura del Forum, ha ricordato Umberto Minopoli, il dirigente del Partito Democratico scomparso lo scorso 29 aprile all’età di 69 anni. Era stato consigliere dell’allora ministro per lo Sviluppo Economico per le Politiche Industriali Pierluigi Bersani ed era presidente dell’AIN dal 2013. Su Minopoli, che da tempo sosteneva il fondamentale contributo del nucleare per soddisfare la richiesta di energia, ha parlato in modo approfondito alla Camera il 4 maggio del 2023 Piero Fassino. Risale al luglio del 2020 l’intervento di Minopoli, con studi universitari alla ‘Federico II’ di Napoli, per ricordare l’operatività in Europa di 108 centrali in grado di offrire il 26% dell’elettricità prodotta dai paesi europei dell’Unione, quasi un/terzo dell’Intero fabbisogno.
Le considerazioni dei rappresentanti del Parlamento viaggiano orizzontalmente con i favorevoli presenti in tutte le forze politiche, come, fra l’altro, gli oppositori. Il ‘termometro’ dell”Eiiseo’ ha misurato i pareri e confermato le previsioni , le sensazioni e l’andamento, forse di parte e certamente di comodo, con il sospetto di una scelta ancora pilatesca. Le attestazioni sono arrivate in serie da Alessandro Colucci di Noi Moderati, da Christian Di Sanzo del Partito Democratico, da Luigi Marattin di Italia Viva, da Tullio Palassini della Lega, da Luca Squeri di Forza Italia e da Giuseppe Zollino di Azione.
Da parte del ministro dell’Ambiente e della Transizione Ecologica Gilberto Pichetto Fratin non sono mancate alcune riflessioni e le opportune considerazioni “sull’opinione pubblica, che potrebbe aver cambiato la valutazione anche per la platea rinnovata rispetto ai referendum”, sull’esigenza “di aumentare di almeno tre volte la produzione del fotovoltaico e dell’eolico”, sull’attenzione rivolta al continuo aggiornamento “della ricerca e dello sviluppo del settore anche da enti e laboratori italiani” e sull’evidente importanza “di informare sia i cittadini che i media”.
Il convegno dell’AIN è stato articolato in un tris di segmenti seguendo le indicazioni del’La parola alle istituzioni’, poi ‘alle utilities e ai grandi consumatori di energia’ e, infine, delle ‘competenze e delle capacità dell’industria nucleare italiana in prospettiva nazionale ed europea’. Gli interventi dei riferimenti di ENEL, Edison, Confindustria, Assocarta, del comparto Energia di Nomisma e di alcune imprese hanno arricchito l’incontro romano. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso è particolarmente interessato all’approvvigionamento energetico per le attività produttive.
Sulla nostra penisola erano in funzione, prima dell’azzeramento deciso con i referendum, quattro centrali: a Caorso, provincia di Piacenza; nella casertana Garigliano; a Latina e a Trino Vercellese. Chiusi anche gli impianti collegati al ciclo, in particolare di Casaccia in via Anguillarese, nell’hinterland romano, l’IPV e l’Opec; di Bosco Marengo, Alessandria, l’FN, Fabbricazioni Nucleari; di Rotondella, territorio lucano di Matera, l’ITREC e di Saluggia, Vercelli, l’Eurex.
Le scorie, immortali, rappresentano un altro pesante handicap da superare. E sono ancora da collocare quelle dell’epoca con la delicata ricerca della zona con la prevedibile protesta dei cittadini locali. Incaricata a coordinare la situazione è la SOGIN, la Società pubblica di Gestione degli Impianti Nucleari e soprattutto dei rifiuti radioattivi. 51 le zone della nostra penisola individuate, considerate compatibili e inserite nella Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee, CNAPI, per ospitare il Deposito dei Rifiuti Radioattivi. Sei le regioni coinvolte, il Lazio con 21 riferimenti; la Basilicata e la Puglia con 15; la Sardegna con 8; il Piemonte con 5 e la Sicilia con 2.
“La fusione nucleare potrebbe rappresentare la soluzione per il futuro e cambiare lo scenario dell’intero settore energetico”, ha rilevato Stefano Monti, presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. E, poi, i nuovi Small Modular Reactor e il Micro Reactor, in avanzato stato di sviluppo nel mondo. I vantaggi di questi reattori dovrebbero essere evidenti sia tecnologicamente che sulla sicurezza e sull’aspetto economico-finanziario”. La realizzazione di un impianto oscilla intorno alla decina d’anni, forse “qualcosa di meno”, hanno rivelato gli esperti del settore, che contano sul miglioramento delle condizioni e delle competenze per accorciare i tempi e migliorare le tecnologie e i lati degli investimenti. Investimenti, fra l’altro, rilevanti, almeno quanto anticipato dagli osservatori, anche se gli attuali impianti sarebbero meno invadenti nell’occupazione di superficie terrestre. Estensione ridotta, comunque da realizzare su un territorio per lo più a rischio idrogeologico e particolarmente sensibile ai sussulti dovuti alle azioni telluriche, sempre ascoltando gli esperti e gli interessati forse di parte, stavolta però l’altra e certamente di comodo.

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