Prevenzione, assistenza e cura

Varato il Piano Nazionale delle Malattie Rare, che è stato il comun denominatore del convegno promosso al Ministero della Salute. Almeno 2 milioni di persone sarebbero interessate, fra cui moltissimi minori

Per essere considerata ‘rara’ deve essere segnalato, diagnosticato e registrato un caso ogni duemila abitanti (o cinque su diecimila persone). Nel nostro Paese sarebbero state “individuate oltre 7 mila specie di ‘malattia rara’, ma solo 682 riconosciute dal SSN”, ha rilevato il vicepresidente della Camera dei Deputati Giorgio Mulè inaugurando la serie degli interventi, delle esperienze e delle testimonianze, nell’approfondimento promosso nella capitale, all’Auditorium ‘Cosimo Piccinno’ del Ministero della Salute.
Nel nostro Paese sarebbero quasi 2 milioni le persone affette da una ‘malattia rara’. Il 15% dei pazienti, soprattutto minori, è costretto all’emigrazione in altre regioni per esami, controlli e cure. “La disomogeneità fra le zone del nostro Paese è un fattore ormai incontestabile, ma anche intollerabile”, ha rimarcato Annalisa Scopinaro , presidente di Uniamo, la Federazione italiana delle malattie rare.
Le novità potrebbero essere rappresentate dal “Piano Nazionale delle Malattie Rare”, che “lo scorso 9 novembre ha ottenuto il parere favorevole da parte della Conferenza Stato-Regioni al decreto di riparto dei fondi designati all’attivazione, 50 milioni di euro dal Fondo Sanitario Nazionale”, equamente suddivisi nel prossimo biennio. “Il Piano, al termine di tre anni di impegni e con le continue sollecitazioni e il valido contributo di Uniamo, ha definito i parametri e gli interventi. Entro il 31 gennaio del 2024 le regioni dovranno recepire il provvedimento individuando i centri di eccellenza, riferimento e coordinamento sul territorio per certificare le attività svolte in una relazione da presentare entro il 31 gennaio del 2035”.
‘Il nuovo Piano Nazionale Malattie Rare. Una sfida al centro del futuro della sanità in Italia’, è stato il filo conduttore dell’incontro organizzato da MAIM con il contributo non condizionante di MSD e la collaborazione di Uniamo, a cui hanno partecipato i rappresentanti delle istituzioni, della ricerca, delle università e della sanità pubblica. Un po’ tutti gli intervenuti, in particolare il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato e la deputata Maria Elena Boschi, hanno sottolineato come il vero e importante recinto del Piano “sia l’omogeneità dell’assistenza completa in tutte le regioni, in egual misura”, altrimenti ogni provvedimento e qualsiasi normativa non ha alcun motivo per essere attivata”.
“La normativa era stata avviata nella scorsa legislatura con un’altra maggioranza parlamentare ed era stata approvata all’unanimità come è avvenuto anche in questo caso. Può essere definito un evento storico”, ha affermato il pugliese Marcello Gemmato. Inoltre, “adesso c’è una legge e anche le risorse economiche. A questo punto sono le regioni chiamate a vedere e e a provvedere” con l’assorbimento del testo, l’adeguamento e l’organizzazione dei rispettivi apparati sanitari ed evitare “lo.scomodo e anacronistico esodo internazionale”.
“Il Piano affronta in modo diretto e preciso gli obiettivi di diagnosi, trattamenti, formazione e informazione per migliorare il più possibile la qualità della vita della comunità delle ‘malattie rare'”, ha ribadito Annalisa Scopinaro. Il nostro Paese è fra i più attenti a questa situazione anche utilizzando i dati raccolti. Dal Rapporto ‘MonitoRare’ è emerso che “è aumentato il numero dei trattamenti disponibili, dai 31 del 2018 ai 45 del 2022, anche se sono notevoli le disomogeneità regionali nell’accesso ai servizi socio-sanitari e l’incompleta attivazione degli screening neonatali per arrivare a una diagnosi precoce” e al relativo inserimento nella specifica lista dei pazienti. E, nel contempo, alcuni disagi non sono stati ancora individuati e catalogati. A questo proposito il triennio 2023-2026, approvato formalmente lo scorso 24 maggio nella Conferenza Stato-Regioni, “definisce gli obiettivi di programmazione nell’ambito della diagnosi, della prevenzione primaria, dei trattamenti farmacologici e non, nei percorsi assistenziali, della ricerca, della formazione, dell’informazione e fornisce indicazioni per l’attivazione dei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza e per il monitoraggio attraverso i Registri”.
“I ritardi, anche di quattro anni per individuare cosa crea difficoltà, potrebbero essere determinati”, ha sottolineato Annalisa Scopinaro, la quale ha ammesso che ancora “sette regioni italiane sono sprovviste dei centri idonei” e questo contribuisce all’inefficienza degli interventi. “La politica e il varo delle normative rincorrono quasi sempre la scienza”, è stata l’amara considerazione del senatore Orfeo Mazzella, componente della Commissione Affari Sociali e copresidente dell’Intergruppo parlamentare per le Malattie Rare e Onco-Ematologiche. Mazzella ha anche ricordato le difficoltà per il passaggio da “pediatria all’assistenza degli adulti”.
Massimiliano Fedriga, che guida l’amministrazione del Friuli-Venezia Giulia e la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, ha ribadito che “ognuno deve avere un equo accesso all’assistenza, alle cure, alla disponibilità e al supporto degli specialisti”. All’importante giornata hanno offerto il rispettivo contributo, fra gli altri, i parlamentari Ilenia Malavasi e Simona Loizzo.
Il tempo per accedere alle cure, dopo aver individuato le necessità, è fondamentale. Ancora alto, soprattutto nei confronti con alcuni paesi, come la Germania. Nicoletta Luppi, al vertice di MSD Italia, è impegnata nella ricerca e nel benessere sia umano che animale. “Investimenti per quasi 800 milioni di euro con oltre il 30% riservato alla ricerca. Nei 67 anni di attività ha siglato 152 protocolli d’intesa ed è presente in tutte le regioni della nostra penisola”. L’azienda vanta un migliaio di dipendenti con un rimbalzo estensivo per gli altri comparti e settori da 825 posti di lavoro.
Il via-vai degli interventi è stato gestito e coordinato dalla giornalista Annalisa Manduca.

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