Leadership europea del riciclo

Presentato a Roma il quinto Rapporto sull’Economia Circolare in Italia con i cittadini particolarmente sensibili alla differenziata e al riuso

 

Da una parte, la cosiddetta ‘economia circolare’ nel mondo sembra rallentare nonostante i continui richiami da parte dei ricercatori, degli esperti e degli ambientalisti; dall’altra, il nostro Paese procede in modo completamente diverso e i cittadini-consumatori appaiono maggiormente sensibili sia a livello teorico che, soprattutto, pratico. E, allora, l’economia mondiale è circolare al 7,2%, in evidente flessione rispetto a cinque anni fa quand’era al 9,1%. Il consumo globale equivale a 100 miliardi di tonnellate di materiali all’anno. Una quantità che, secondo gli osservatori, dovrebbe lievitare entro il 2050 di almeno il doppio rispetto alla quota registrata nel 2015. Il cambiamento, sostenendo l’attesa e più volte richiamata transizione ecologica, potrebbe favorire il pianeta, in particolare con l’abbassamento dell’estrazione dei materiali di oltre un/terzo e delle emissioni di gas serra. Questo potrebbe limitare l’innalzamento della temperatura entro i 2 gradi.
L’Italia conferma la leadership europea definita attraverso alcuni importanti indicatori come il livello di riciclo dei rifiuti, l’utilizzo dei materiali derivati dalla raccolta differenziata, il rapporto fra la produzione di scarti e il consumo del risultato della trasformazione, la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e il consumo di suolo. Il nostro Paese precede la Spagna, la Francia e, soprattutto, la Germania. Nel 2020, in Europa, la consistenza media del riciclo dei rifiuti è stata del 53%, in Italia è stato raggiunto il 72%, anche se la Germania è la nazione che avvia la maggiore quantità all’attività di trasformazione.
I dati sono stati resi noti a Roma nel corso della quinta ‘Conferenza Nazionale sull’Economia Circolare’. Dal Rapporto, realizzato dal Circular Economy Network in collaborazione con l’ENEA e con il sostegno della Commissione Europea, del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e di quello delle Imprese e del Made in Italy, emerge anche che un aumento della quantità riciclata e riutilizzata sarebbe un sollievo per l’inflazione alimentata dai rincari del costo dei materiali e dell’energia. “La circolarità è una concreta risposta alla crisi”, ha rilevato Edo(ardo) Ronchi, presidente del CEN, il Circular Economy Network. “La richiesta è di rispettare il cronoprogramma di attuazione della strategia azionale, recepire tempestivamente le misure europee, rafforzare il sostegno alle imprese, prevedere misure di fiscalità ecologica, garantire la realizzazione degli impianti, alcuni già finanziati, per colmare il gap fra le aree del settentrione con quelle del centro e del sud”. Garantire un’adeguata dotazione impiantistica, ma anche “aggiornare entro la fine del 2023 i Piani regionali per raggiungere gli obiettivi di riciclo e di riduzione dello smaltimento in discarica previsti dalle direttive europee”. E, inoltre, “accelerare e semplificare le normative sull”End of Waste’, sviluppare la simbiosi industriale e adottare il programma nazionale di prevenzione dei rifiuti”.
La presentazione del Rapporto è stata anche l’occasione per illustrare un approfondimento condotto dall’IPSOS e da Legacoop attraverso la relativa Area Studi. Il riferimento dell’iniziativa ha riguardato la relazione fra l’economia circolare con gli italiani, che sono favorevoli a un sistema non dispersivo del patrimonio, soprattutto se in grado di essere raccolto, lavorato e riproposto anche sotto altre forme e funzioni. Nell’ultimo triennio, secondo lo studio, quasi la metà dei contatti ha acquistato un prodotto usato e oltre un/terzo rigenerato o ricondizionato. La merceologia preferita è l’abbigliamento e i relativi accessori. I riadattati funzionanti sono le offerte del settore tech e gli acquirenti portano via anche gli elettrodomestici con leggeri difetti purché scontati nel prezzo. Auto e moto sono saldate per lo più in leasing, ma anche lo sharing e il noleggio trovano adesioni. Oltre l’80% degli italiani ritiene che sia necessaria una riduzione degli imballaggi e, comunque, realizzati con un materiale riciclabile o, al limite, riutilizzabile. Negli ultimi dodici mesi il 90% dei contattati hanno facilitato una seconda ‘vita’ ai prodotti usati, regalati a parenti o amici o, addirittura, con la messa in vendita soprattutto on-line. E se dovessero essere smaltiti la maggioranza sfrutta la differenziata del proprio comune. A rallentare questo sistema di compravendita è il timore di essere raggirati sul mal funzionamento del prodotto o sul prezzo.
Sulla nostra penisola sono quasi 24 mila le aziende specializzate nelle riparazioni. L’Italia è preceduta in Europa solo da Francia e Spagna e nell’ultimo periodo ha mostrato una contrazione nel numero di queste attività, -10%, che, comunque, è in grado di generare un giro d’affari di 2 miliardi e 100 milioni di euro, +122 milioni di euro rispetto al 2011.
Attenzione alle materie prime fondamentali per la transizione energetica e digitale. Entro il 2050, è stimato, che la richiesta di terre rare potrebbe decuplicare. In questo contesto la Commissione Europea ogni tre anni pubblica una lista sulle materie prime considerate a rischio di approvvigionamento. L’ultima è dello scorso marzo. “Per l’Italia sono particolarmente strategiche per il tessuto industriale soprattutto l’alluminio, il cobalto, il fosforo e il litio”.

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