Almeno 1.860 tonnellate di produzioni agricole sono annualmente sprecate sulla nostra penisola per motivi essenzialmente estetici. Frutta e verdura esterne alle dimensioni e al colore degli standard fissati e ormai generalmente imposti dall’industria alimentare, ancora prima dei consumatori, restano sui campi o sono eliminate lungo il percorso della distribuzione e della commercializzazione. L’enorme quantità agroalimentare ammonta, fra l’Italia e il resto dei paesi dell’Europa dell’Unione, a quasi il 21% del coltivato, almeno a seguire i dati elaborati e resi noti dalla FAO, Food and Agricolture Organization of the United Nations, l’Organizzazione delle Nazioni Unite dedicata e specializzata nell’Agricoltura e nell’Alimentazione, che ha il riferimento planetario a Roma ed è guidata dall’agosto del 2019 dal cinquantaseienne cinese di Hunan, Qu Dong You. Alla FAO, istituita in Canada il 16 agosto del 1945, aderiscono oltre duecento paesi. La mancata raccolta e la relativa assenza di consumo potrebbe valere l’1% del Prodotto Interno Lordo nazionale, oscillante fra i 12 e i 16 miliardi di euro. Lo scempio avviene per lo più direttamente sui campi, dopo aver coltivato con uso di lavoro e risorse naturali. Il fenomeno, collegato soprattutto all’imperfezione, ma non alla bontà e ai valori nutrizionali dei prodotti, potrebbe aver trovato un apparentemente semplice argine attraverso la comune iniziativa di NaturaSì e Legambiente. La novità, illustrata dall’amministratore delegato di NaturaSì Fausto Jori, dal presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani e dal coordinatore di Last Minute Market Luca Falasconi, prevede la commercializzazione dei prodotti scartati ad un prezzo ribassato, praticamente anche alla metà degli stessi in bellamostra e con i criteri e i requisiti qualificati nelle dimensioni e nelle colorazioni. “L’obiettivo”, ha sottolineato Fausto Jori, “è di recuperare e inserire nel sistema delle compravendite una quantità sempre maggiore in modo da limitare lo spreco dal 20% a un sopportabile e fisiologico 4%. La riduzione del listino negli oltre cinquecento negozi con il marchio NaturaSì potrebbe favorire l’iniziativa per una inversione di tendenza nel mercato e nel settore agricolo, alimentare e culturale”. L’ambizioso piano di ‘CosìperNatura’ riguarda l’abbassamento al minimo del livello dello spreco, il più possibile vicino allo zero, per un comune vantaggio, sia dei consumatori per i costi di frutta e verdura che dei coltivatori, i quali potrebbero veder salire i rispettivi redditi. In questi primi giorni la disponibilità nei punti-vendita dell’azienda biologica è aumentata di centinaia di tonnellate. Vegetali recuperati, evitati alla dispersione per “un problema da tempo affrontato da Legambiente con azioni concrete”, ha ricordato Stefano Ciafani. Al di là della riduzione delle coltivazioni abbandonate l’iniziativa potrebbe facilitare l’utilizzo “delle sementi non ibride e autoctone selezionate per la vitalità e la produttività per coltivazioni che seguono i principi dell’agricoltura biodinamica e biologica”. Sementi che gli agricoltori potranno liberamente riutilizzare nei rispettivi appezzamenti di terreno. Un richiamo anche alla politica, che “finora avrebbe premiato la standardizzazione quasi estrema”. Questa novità di NaturaSì e Legambiente potrebbe rappresentare il primo passo per “una revisione della normativa in grado di riconoscere e gratificare le attività antispreco o quantomeno che non siano penalizzate”.
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