L’industria dei mangimi

Produzione italiana degli alimenti per gli animali leader in Europa. Quasi 9 miliardi di euro il giro d’affari

Alimenta gli allevamenti, soprattutto del settentrione e i compagni domestici, ma anche l’occupazione e il giro d’affari, che ormai sfiora i 9 miliardi di euro. 385 erano le imprese produttive, che nel 2017 coinvolgevano quasi novemila lavoratori. L’andamento del sistema mangimistico nazionale è stato ‘fotografato’ dagli esperti di Nomisma. I risultati sono stati resi noti nel corso dell’annuale assemblea di Assalzoo, l’associazione dell’industria del settore istituita nel 1945 a cui aderiscono un centinaio di aziende, che rappresentano praticamente i due/terzi della produzione e della commercializzazione degli alimenti per gli animali.
‘La sostenibilità del sistema mangimistico. Rapporto economico’ è stato il filo conduttore della giornata aperta dalla relazione del presidente di Assalzoo Marcello Veronesi. L’attività italiana ha un ruolo rilevante nello scenario europeo, il 9% dei paesi dell’Unione, dopo Germania, Spagna, Francia e Gran Bretagna, che oscillano fra il il 15% e il 10% e alla pari con l’Olanda.
Quattro regioni della nostra penisola, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto con l’Umbria valgono l’89% della produzione nazionale. E, inoltre, quasi un/terzo delle imprese con un fatturato annuale superiore ai 20 milioni di euro raggruppano e rappresentano quasi l’85% del totale.
L’altra faccia della medaglia è stata rilevata dall’analisista di Nomisma Ersilia Di Tullio. “L’industria italiana è penalizzata rispetto alla concorrenza europea, soprattutto a causa dei rilevanti costi energetici, dell’elevato carico contributivo e fiscale sul lavoro e alla minore efficienza del sistema dei trasporti”. E, ancora. “In questo ultimo decennio il settore
è stato chiamato ad affrontare un calo della produzione di materie prime nel Paese con l’inevitabile ricorso ai mercati esteri. Nel 2018 l’approvvigionamento nazionale è stato di appena il 52% per il mais, il 33% per il frumento tenero e il 22% per la soia”.
La quota più rilevante del fatturato riguarda i mangimi composti, 6 miliardi e 200 milioni di euro, il 70% dell’intero settore. Poi il pet-food e il premiscele, rispettivamente il 14% e il 16%. La produzione del 2018 è stata di 14 milioni e 500 mila tonnellate. Le dimensioni economiche medie delle imprese mangimistiche italiane è di quasi 23 milioni di euro, sempre secondo la ricerca di Nomisma.

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