L’Italia del Riciclo

Bilancio annuale. Flash generale positivo. Sistema ben valutato anche all’estero

È un sistema che nel nostro Paese ha superato ormai di 190 milioni i 23 miliardi di euro di fatturato. Negli anni la crescita economica è praticamente raddoppiata e il valore aggiunto ha sfiorato il 90%. L’industria nazionale del riciclo è in grado di allineare quasi 10 mila e 500 imprese, gran parte di limitate capacità di organico, al di sotto dei dieci dipendenti, che occupano almeno 33 mila persone.
La presentazione del Rapporto ‘L’Italia del Riciclo’, l’ottavo della serie, è stata caratterizzata dal ricordo per i vent’anni del decreto-Ronchi, dal nome dell’allora ministro chiamato a gestire l’andamento ambientale nazionale. Ed Edo(ardo) Ronchi ha ricevuto da Andrea Fluttero, presidente di FISE UNIRE, l’Unione Nazionale delle Imprese del Recupero, l’ingrandimento della copia della Gazzetta Ufficiale dov’era pubblicata la normativa numero 22 del 1997, che per la prima volta regolamentava la gestione dei rifiuti. Innovativa per quel tempo e lungimirante visti i risultati. Nel 2015 il settore ha prodotto un valore aggiunto pari all’1% del PIL.
I dati raccolti dagli esperti della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, guidato proprio dall’ex Ministro e da FISE UNIRE, hanno mostrato una crescita generalizzata nell’andamento della raccolta multimateriale, che conferma la leadership internazionale dell’Italia. Un Paese, fra l’altro, che ha raggiunto quasi tutti i limiti fissati dall’Unione Europea per il 2020 dei vari materiali, in attesa della nuova regolamentazione di cui Simona Bonafè, nella Commissione per l’Ambiente, la Sanità Pubblica e la Sicurezza Alimentare, è relatrice. La proposta della Commissione intende rafforzare e allargare a nuovi settori la cosiddetta EPR, la Responsabilità Estesa del Produttore, che porta al coinvolgimento nella gestione dei rifiuti sia per gli oneri che per i risultati. Fabbriche dell’economia circolare. Aggiornamento dalla FISE, che dall’inizio del nuovo anno cambia denominazione e diventa UNICircular, proprio come associazione rappresentante di quelle imprese.
Il Rapporto ha riguardato quindici categorie di materiali destinati alla lavorazione, dopo un’opportuna raccolta differenziata, per essere riproposti sul mercato e riutilizzati. Economia circolare rispettata e completata. Abbassamento degli scarti da smaltire nella comune discarica e vantaggi economici per il riuso. Il sistema-Italia, praticamente, invia all’industria del riciclo il 55% dei rifiuti; il 29% al pre-trattamento e meno del 16% allo smaltimento vecchia maniera.
Nel 2016 la produzione mondiale di acciaio è stata di quasi un miliardo e 600 milioni di tonnellate, in aumento dell’1% rispetto all’anno precedente. La raccolta ha segnato un aumento del 7% e riguarda gli imballaggi sia nei punti domestici che in quelli commerciali e industriali. Quantità in crescita per il maggior numero di convenzioni sottoscritte. Gli operatori collegati al consorzio Ricrea ricevono anche materiali non ferrosi degli imballaggi. La ben nota mancanza di materie prime nel nostro Paese ha contribuito a sviluppare, in modo superiore alle altre realtà internazionali, il ciclo del recupero, che ormai supera il 77%.
Sale anche la quota della raccolta di alluminio destinata al riciclaggio, che ha toccato il 73%, +3% rispetto al 2015.
La crescita dei dati provenienti dal sud della nostra penisola trascinano quelli generali relativi alla raccolta e al riciclo della carta. Più imballaggi di carta e cartone sul mercato, 4 miliardi e 700 mila tonnellate, per un 2,7% maggiore rispetto al 2015 e una raccolta stimata in 6 milioni e 400 mila tonnellate, di cui la metà in arrivo dalla differenziata. Le aree meridionali, come il resto del Paese, crescono, ma un in modo rilevante, +8,6%.
Aumenta la quantità raccolta anche della frazione organica, fra umido e verde, 107 chili e 600 grammi per abitante ogni anno. La particolare categoria è la parte principale dei rifiuti urbani raccolti e riservati al riciclaggio con una percentuale passata dal 40% al 41,2% in cinque anni. Per il Consorzio Italiano Compostatori la maggiore quota è dell’umido sempre superiore al 60%. La nota dolente riguarda gli impianti. L’intero comparto fino al 2016 poteva contare su 326 punti, 17 in più dell’anno prima, ma solo 274 dedicati al trattamento aerobico, compostaggio; 31 per una soluzione mista e gli altri per un procedimento anaerobico. Lo scorso anno sono stati lavorati 7 milioni di tonnellate di rifiuti organici, composti da umido, verde, fanghi e altre sostanze. Difficoltà continuano ad essere segnalate nel sud Italia e in alcune grandi città del centro. Importante valorizzare e sviluppare il mercato del compost presso il settore agricolo, floro-vivaistico forestale e paesaggistico e sostenere la produzione di biometano, non solo per alimentare il trasporto. È un settore, comunque, con ampi margini di crescita per ogni fase.
Segnali positivi anche dagli PFU, Pneumatici Fuori Uso. La raccolta è aumentata del 6% ed anche il riutilizzo del prodotto riciclato, che è destinato e richiesto in Italia e all’estero. I consorzi di gestione, Ecopneus, Ecotyre e Greentire, gestiscono ormai oltre il 90% delle gomme sostituite nel nostro Paese.
Sugli inerti da costruzione e demolizione e sui rifiuti da spazzamento stradale è necessaria sopratutto una maggiore collaborazione dell’amministrazione pubblica, che, almeno sui bandi e appalti indetti, dovrebbe inserire una quota del riciclato. Le verifiche e l’applicazione hanno confermato la validità degli aggregati utili nell’edilizia e negli interventi stradali.
È stato soprattutto il sughero a trainare il settore alla voce ‘legno’, +17%, ma anche tutti gli altri imballaggi hanno mostrato segni positivi. Notevoli incrementi nelle aree del nord e del centro, +9%, mentre il meridione ha avuto un passaggio a vuoto. Flessione del 3%. Al riciclo è finito il 61% dell’immesso sul mercato anche con l’impegno di Rilegno, quantità superiore a quella del 2015, per tornare materia prima, fra l’altro, agglomerati e pannelli truciolari.
Una delle poche caselle che mostra segni negativi e riguarda le pile e gli accumulatori, 6%. Nel 2016 sono state raccolte 9.495 tonnellate fra volontarie e da parte del Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori. I motivi potrebbero essere collegati a un maggior successo delle ricaricabili; dell’entrata sul mercato di operatori concorrenti stranieri e di prodotti maggiormente efficienti ed efficaci e di uno smaltimento non corretto, in particolare per le piccole batterie.
Il recupero degli oli vegetali a uso alimentare mostra segnali positivi, in quanto è da poco tempo iniziata la procedura. La sensibilità sia domestica che dei professionisti ha portato a un prevedibile successo. Oli che diventano utilizzabili in vari settori, dall’industria alla cosmesi fino all’edilizia.
+6% nella raccolta di un materiale altamente pericoloso come le varie sfumature degli oli minerali se abbandonati indiscriminatamente nell’ambiente. Maggior successo nelle zone settentrionali, mentre ancora indietro è il sud della nostra penisola. Lavorati e trasformati gli oli diventano utili per i lubrificanti, la combustione e nella preparazione dei bitumi.
L’83% dell’immesso sul mercato è recuperato in molteplici prodotti da utilizzare in più settori. Importante evitare l’abbandono nell’ambiente delle plastiche. Il consorzio COREPLA raccoglie il 62% della quantità complessiva, in particolare dalle raccolte differenziate urbane.
Nonostante la continua crescita della quantità raccolta i limiti decisi dall’Europa sono ancora lontani. I RAEE, i Rifiuti di Apparecchi Elettrici ed Elettronici, ancora non riescono ad avere un percorso conclusivo dell’attività ottimale. Per migliorare il funzionamento l’Italia dovrà passare dagli 4 chili e 700 grammi per abitante agli 9 chili e 700 grammi nel 2019. Necessaria soprattutto una maggiore informazione ai consumatori e un sollecito più intenso sulla possibilità di ritiro dell’usato e dell’inservibile sostituito da parte dei fabbricanti e dei rivenditori.
Le difficoltà più evidenti per la raccolta dei tessuti riguarda la mancanza dei contenitori dove lasciare il particolare rifiuto. Una normativa, datata 19 agosto 2016, ha determinato le modalità per la gestione degli abiti usati per limitare abusivismo e raccolte non autorizzate. Il settore, che, comunque, continua l’espansione, chiede anche indirizzi europei e, quindi, nazionali per i rifiuti tessili, in modo da consentire una circolazione più fluida dei prodotti ottenuti e un’uniformità gestionale e di controllo sia sul mercato internazionale che interno.
Sale la quota di recupero dei veicoli fuori uso, dai quali è possibile estrarre e riutilizzare un gran numero di materiali. Il neo riguarda soprattutto l’illegale esportazione dei veicoli ormai non marcianti. Sottratti al mercato nazionale migliaia di tonnellate di rottami di ferro necessari all’industria siderurgica costretta
all’importazione e pezzi di ricambio. Proposte alle case costruttrici una più efficiente progettazione, in modo da facilitare il riutilizzo di alcune componenti come cruscotti, imbottiture e rivestimenti dei sedili.
È un successo prolungato nel tempo quello del recupero e il riciclo del vetro, che consente importanti risparmi energetici. L’industria del vetro da imballaggio è in grado di assorbire tutta la quantità della differenziata. Per il rottame non riciclabile, sfruttando le caratteristiche del materiale, sono possibili recuperi alternativi, fra l’altro, per ceramiche, piastrelle, sanitari, conglomerati di marmo, cementi ecologici, perline per vernici stradali, fibre minerali per isolamenti, abrasivi e pannelli isolanti.

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