Assistenza e ricoveri

‘Attrarre salute’ è stato il riferimento dell’incontro organizzato a Roma dall’Istituto per la Competitività alla presenza di politici, amministratori pubblici e privati ricercatori e sanitari

Il livello della spesa sanitaria in Italia in relazione al Prodotto Interno Lordo è ancora ben al di sotto di Francia, Belgio, Olanda, Portogallo e Germania. Nel 2022 è stata del 9%. Il divario è evidente anche per quella procapite, sia pubblica che privata, nei confronti degli altri paesi europei. Ed è importante valutare l’offerta nelle zone settentrionali della nostra penisola rispetto a quella del sud, che comporta una quasi inevitabile migrazione sanitaria interregionale. È stato anche stimato il valore di questo ripetuto via-vai, che sfiora i 2 milardi e 500 milioni di euro, secondo il Report dell’AGENAS, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali. Sono quattordici le regioni che mostrano saldi negativi.
Queste sono solo alcune delle informazioni raccolte, analizzate e rese note nel corso dell’approfondimento promosso a Roma da I-Com, l’Istituto per la Competitività, ‘Attrarre salute. Obiettivo investimenti per la resilienza dell’industria farmaceutica in Italia e nell’UE’. Il riferimento è stato arricchito dal Rapporto 2022 dell’Osservatorio In-Salute e impreziosito dagli interventi dei rappresentanti delle istituzioni, delle forze politiche, delle imprese, della ricerca, delle università e della sanità.
“Il settore è una delle leve più importanti per lo sviluppo economico di questo Paese con risorse e personale qualificato e l’impegno e gli investimenti per la ricerca e lo sviluppo, maggiore che in altre aree produttive”, ha rilevato Luca Del Vecchio, direttore delle Politiche per il Digitale e le Filiere, Scienze della Vita e Ricerca della Confindustria. La spesa farmaceutica nel nostro Paese, nel 2021, è stata di 32 miliardi e 200 milioni di euro, in crescita del 3,5% rispetto all’anno precedente e corrispondente all’1,9% del PIL. L’impegno pubblico, nel dettaglio, è stato inferiore al 56% del totale, per un’altra flessione dell’1,2% a guardare le tabelle del 2020. L’Italia, fra l’altro, è la seconda, dopo la Spagna, dove i richiedenti soddisfano le casse delle farmacie per il 43% dei casi. La spesa farmaceutica è particolarmente concentrata per le esigenze ospedaliere, quasi il 70%. La copertura pubblica è stata progressivamente asciugata. La fase dimagrante è arrivata al 7%, la metà dell’ultima rilevazione. Al contrario, la spesa nelle corsie e nei reparti, è salita nel 2022 oltrepassando di 2 miliardi e 693 milioni di euro del vincolo imposto.
Il comparto dei farmaci, oltre alle considerazioni economiche e agli investimenti da parte delle aziende, è coinvolto nei passaggi per l’approvvigionamento di alcuni prodotti che hanno portato all’evidenza di una dipendenza extraeuropea dei paesi dell’Unione. Un’opportuna strategia industriale potrebbe favorire le aziende nell’autonomia e nella resilienza. Nel febbraio del 2022 la Commissione ha pubblicato l’edizione aggiornata delle dipendenze strategiche dell’Europa in cui sono esaminate cinque aree: terre rare e magnesio, prodotti chimici, pannelli solari, sicurezza informatica e software. È necessario far fronte comune ed evitare dipendenze delicate da paesi extraeuropei, in particolare dall’Oriente asiatico.
In un’altra relazione era emerso come per 137 prodotti su 5 mila e 200 importati nei confini dell’Unione, l’Europa era in evidente dipendenza, in particolare per le sostanze attive farmaceutiche. Medicinali importanti per una popolazione che aumenta l’età media, 46 anni e 4 mesi nel 2022, con l’aspettativa di vita ormai quasi ai livelli registrati prima della pandemia. Le natalità ai minimi storici condizionano il dato, ma non solo. All’inizio dell’anno i residenti sulla nostra penisola erano 58 milioni e 851 mila, il 24,1% erano over 65 e ben il 7,8% avevano più di ottant’anni. In pratica per un giovane ci sono quasi due persone con l’età avanzata, precisamente 1,93 e la tendenza è in salita, in quanto è stimato che nel 2050 potrebbero essere 3 i teenager per ogni ultrasessantacinquenne. Questa situazione è causa dell’aumento dei malanni e delle difficoltà, anche croniche. Il 66% di chi ha oltre i 75 anni segnala almeno due patologie.
In generale, i maggiori rischi sanitari riguardano l’abitudine al fumo, con quasi il 20% che quotidianamente accende una sigaretta. Oltre il 23%, invece, ha un passato confidenziale con il tabacco e la nicotina. Incrementati anche i consumatori di alcolici, soprattutto lontano dai pasti. Nel 2020 erano il 35% della popolazione superiore agli 11 anni. Nell’ultimo biennio, però, la quota è scesa al 31,7%.
Un altro problema coinvolge il sovrappeso e l’obesità, in particolare anche giovanile. Gli adulti dovrebbero superare l’allarmante soglia dei 6 milioni, di cui 500 mila con complicazioni.
I sanitari hanno rivolto l’attenzione anche sull’antibiotico-resistenza, che è responsabile di oltre 4 milioni di decessi all’anno.
Il Rapporto I-Com ha offerto anche altri risultati da analizzare come il ricorso al pronto soccorso, maggiore nelle regioni del centro e del settentrione, nonostante il numero sia contenuto rispetto al resto del Paese. Al sud e sulle isole, invece, è preferita la visita alla guardia medica. Gli esperti e gli intervenuti hanno confermato la differenza fra l’offerta e la disponibilità sanitaria nel nord rispetto all’erogazione nelle zone del Mezzogiorno.
Sale l’età dei sanitari di medicina generale come, fra l’altro, era prevedibile. Più della metà dei medici ha oltre 55 anni. Diminuisce la disponibilità di ricovero e di posti-letto delle strutture pubbliche e delle case di cura accreditate.
Dopo sei anni sono state aggiornate le tariffe, attraverso l’apposito decreto, dei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza. Rimodulate dalle regioni le quote di oltre tremila prestazioni specialistiche ambulatoriali, che, comunque, potranno essere applicate dal primo giorno del nuovo anno. Per quelle dell’assistenza protesica sarà opportuno attendere il 1° aprile del 2024.

 

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