Ciclovie sugli argini

Sollecitata, anche dall’ANBI, una normativa comune in tutta la nostra penisola per la realizzazione di percorsi riservati

Aumentano gli appassionati, alcuni per necessità, delle due-ruote a pedali anche a procedimento cosiddetto ‘assistito’ o ‘sostenuto’. E, parallelamente, continua ad ampliarsi il mercato e a lievitare il giro d’affari con una compravendita in crescendo pressoché costante. È quasi inevitabile, quindi, che anche le varie amministrazioni comunali e le associazioni ritengano opportuno varare progetti e iniziative per facilitare e sostenere il molteplice uso di questo mezzo di trasporto non inquinante e per prevenire e salvaguardare la sicurezza dei ciclisti. Biciclette come alternativa alle auto e anche alle moto di ogni cilindrata, ma anche occasione di estendere le proposte per il flusso turistico sia italiano che internazionale sfruttando la visione mozzafiato delle bellezze rappresentate dai panorami della nostra penisola.
A questo proposito l’ANBI, l’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue; il DAD, il Dipartimento Architettura e Design del Politecnico di Torino; il CIREM, il Centro Interuniversitario Ricerche Economiche e Mobilità dell’Università di Cagliari e la FIAB, la Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, hanno presentato un documento comune per sollecitare una normativa con l’obiettivo di uniformare l’iter per il recupero degli spazi in prossimità dei corsi d’acqua. Oltre 200 mila chilometri di canali irrigui e di bonifica da trasformare in ‘fettucce’ percorribili per il settore cicloturistico da sommare agli attuali ed esistenti 58 mila chilometri. Il comparto, al momento, offre agli operatori un movimento di quasi 4 miliardi e 600 milioni di euro con una proiezione di scalata e sospinto anche dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che prevede 600 milioni di euro per lo sviluppo delle strisce riservate e protette.
La legge numero 2 del 2018, che riguarda le ‘Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica’, prevede, fra l’altro, il recupero a fini pedalatori delle strade arginali di fiumi, torrenti, laghi e canali, comprese le opere di bonifica, gli acquedotti, le reti energetiche, le condotte fognarie, i ponti dismessi e gli altri manufatti presenti in quelle aree. Questa eventualità di generale riqualificazione, abbellimento e arricchimento del patrimonio nazionale, però, trova difficoltà applicative per la mancanza di uniformità delle norme regionali, in quanto ogni ente pubblico locale ha i rispettivi criteri regolamentari. Alcune realtà come la Lombardia e la Toscana sono riuscite a valorizzare e unire l’aspetto turistico con quello idrogeologico attraverso l’attenta e accurata conservazione delle infrastrutture.
La realizzazione delle greenways sarebbe una incredibile opportunità per salvaguardare l’ambiente e lo sviluppo turistico di numerose aree spesso escluse dai tradizionali tour. Un modo anche di sostenere i centri meno estesi e popolati, che troverebbero un rinnovato slancio in alcuni settori produttivi, fra cui dell’artigianato, dell’accoglienza, della ristorazione e dell’enogastronomia. Paesaggi storici di una cultura da riscoprire e far riaffiorare per non disperdere e cancellare un patrimonio assoluto, unico del nostro Paese. Tradizione straordinaria e strepitosa di un’Italia dai mille e più campanili. Nella nostra penisola alcuni enti locali, le federazioni e le assicurazioni sono impegnate a disegnare percorsi riservati alle due-ruote a pedali lungo i corsi d’acqua e i canali di ogni dimensione e di particolare interesse paesaggistico e naturalistico. È in fase di completamento la ciclovia ‘VenTo’, che avvicinerà le città di Venezia e Torino. Al di là dei confini nazionali gli esempi di adeguamento in una favorevole risorsa anche occupazionale ed economica non mancano, fra cui quelli di Austria, Francia e Germania, che da tempo hanno inaugurato tracciati dedicati sulle sponde dei fiumi Danubio, Loira e Reno.
La richiesta anche per un confronto politico-istituzionale è stata illustrata nella capitale da Italo Meloni, direttore del CIREM; da Riccardo Palma, docente al Politecnico di Torino; da Giorgio Ceccarelli, rappresentante della FIAB e da Massimo Gargano, direttore generale dell’ANBI. “La mobilità lenta della bicicletta rappresenta un tassello del nuovo modello di sviluppo dove deve essere esaltato il territorio con i valori ambientali e paesaggistici”, ha rilevato Massimo Gargano.

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