Dazi…osamente americani

L’amministrazione di Washington colpisce l’import europeo. Coinvolto il settore lattiero-caseario Italiano

“Solo Malta ed Estonia dei 28 paesi dell’Unione Europea non hanno un prodotto agroalimentare o dell’artigianato riconosciuto e protetto da una DOP o da una IGP a dimostrazione della necessaria compattezza continentale nelle azioni per la protezione delle rispettive specialità. Nel 1992, stagione del riconoscimento dei primi marchi, erano soltanto cinque le nazioni interessate e coinvolte nell’iniziativa, risultata con il tempo positiva, se non addirittura vincente, Italia, Francia, Spagna, Grecia e Portogallo”. Le considerazioni sono del presidente e del direttore di Origin, l’associazione nazionale dei consorzi con le indicazioni geografiche, Cesare Baldrighi e Leo Bertozzi, in seguito alle iniziative degli Stati Uniti nei confronti di ben 93 prodotti europei di qualità.
‘Dazi e Tutela Internazionale’, questo il filo conduttore dell’appuntamento promosso da Origin, la struttura con la denominazione AICIG sostituita. Dazi doganali decisi dall’amministrazione americana guidata da Donald Trump, che, secondo l’ICE, potrebbero gravare di 117 milioni di euro sull’export italiano. “Un’operazione chirurgica, selezionata”, a sentire Cesare Baldrighi, che è anche responsabile del Consorzio del Grana Padano. Le DOP casearie sarebbero anche le più colpite. Gli Stati Uniti, infatti, avrebbero mirato i prodotti-simbolo di alcuni paesi dell’Unione, come l’olio della Spagna, il vino della Francia e il whisky della Gran Bretagna, in particolare della produzione scozzese.
Sul Parmigiano Reggiano i dazi passeranno da 2 dollari e 15 centesimi a quasi 6 dollari al chilo e sul Grana Padano l’imposizione salirà da 2 euro a 5 euro e 25 centesimi al chilo. Le perdite per le aziende e l’economia italiana sarebbero estremamente rilevanti. “E, come se non bastasse”, ha precisato Baldrighi, “la National Milk Producers Federation ha sottolineato come i prodotti americani non abbiano
lo stesso accesso al mercato europeo e, per di più, con la pretesa di commercializzare le confezione con termini come Asiago, Fontina, Gorgonzola, Grana, Parmesan, ma anche Feta Munster, Havarti, cosa assolutamente non consentita dall’attuale normativa”. I vertici della Origin hanno anche ricordato di aver proposto ai produttori a stelle-e-strisce di legare la denominazione degli agroalimentari al rispettivo territorio, in modo da avere eventualmente spazio sul mercato europeo come è accaduto, ad esempio, per l’IGP Caffè di Colombia.
In via XX Settembre, ma non solo, il sospetto di una volontà americana di pressione sull’Unione Europea per la questione della Boeing-Airbus, nella quale il nostro Paese non è coinvolto, in quanto l’Italia non fa parte del Consorzio aereo. Un altro motivo della decisione dell’amministrazione di Washington potrebbe riguardare le condizioni dei produttori americani del settore lattiero-caseario, che al nome ricevono meno di 30 centesimi di dollaro per un litro di latte a causa della reazione della Cina sui dazi imposti da Trump sull’acciaio e sull’alluminio. In pratica questo incessante tourbillon è stato avviato proprio dall’amministrazione americana per cercare di scuotere e salvaguardare la produzione e il mercato interno.
Baldrighi, che ha annunciato azioni comuni da parte degli operatori europei, ha rivelato il voluminoso approvvigionamento dei prodotti italiani prima delle misure volute da Washington. L’accordo con il Canada ha favorito l’export. Nei prossimi cinque anni aumenteranno le esportazioni dei prodotti caseari, complessivamente di quasi 18 mila tonnellate di forme di qualità evitando imitazioni del ricercato Made in Italy.
Origin ha allargato il numero delle specialità da rappresentare, arrivate a 79, per un valore al consumo di 14 miliardi e 700 milioni di euro. Le esportazioni ruotano intorno ai 3 miliardi e 500 milioni di euro. Sono sette, almeno finora, i patrimoni italiani collegati agli alimenti riconosciuti anche d
all’UNESCO: la dieta mediterranea, nel 2010, con Cipro, Croazia, Grecia, Marocco, Portogallo e Spagna; i paesaggi vitivinicoli di Langhe Roero e Monferrato, nel 2014; la coltivazione della vite Zibibbo ad alberello di Pantelleria, nel 2014; Parma e Alba città creative per la gastronomia, rispettivamente nel 2015 e nel 2017; l’Arte dei Pizzaiuoli Napoletani, nel 2017 e quelli dei Muretti a Secco, nel 2018, bene immateriale con Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera e le Colline Conegliano Valdobbiadene, nel 2019. In Liguria l’Arte dei Muretti a Secco è associata alla coltivazione eroica dell’olivo.

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