Architettura industriale dei primi anni dello scorso secolo. Spazi riqualificati e utilizzati per altre e variegate soluzioni in lungo, in largo e in verticale, sopra e sotto il piano stradale. Nella capitale, in via del Porto Fluviale al numero civico 35, area dell’Ostiense, a due passi dal fiume Tevere, dalla Piramide e da Testaccio, ma anche dall’Università RomaTre, la Cooperativa Sociale Integrata Pingo ha ristrutturato e rigenerato l’ex Lavatoio Lanario della famiglia Sonnino, che è stato trasformato in un contenitore di offerte e iniziative di innovazione culturale e tecnologica. Quasi 2.000 metri/quadrati di spazi rinnovati su tre livelli completamente riadattati, accessibili e frequentabili da tutti. Al piano inferiore sono disponibili cinque sale per riunioni e incontri, oltre alla voluminosa testimonianza del passato ultracentenario, la caldaia Carminati utilizzata per riscaldare l’acqua per la pulizia della lana in arrivo dalla Gran Bretagna e dalla Sardegna. Al piano sopraelevato sono disponibili un paio di terrazze e in quello d’ingresso sono disponibili spazi per le imprese, gli artigiani e i professionisti. Postazioni tecnologiche da destinare ad ogni tipo di attività. “Un nuovo ecosistema culturale per soddisfare ogni tipo di necessità”, ha rilevato Maria Teresa Diodati, alla guida di Industrie Fluviali. Soffitti a piccole volte, segni di un precedente intervento; vetrate; area per meeting e la visione cinematografica e per eventuali esposizioni; guardino d’inverno; bistrot; lavori caratterizzati da un mix di tradizione e innovazione. Varato il programma degli appuntamenti delle prossime settimane a favore di chi non avrebbe alcuna possibilità di realizzare progetti assolutamente inediti e originali. Una ventina le iniziative che infittiscono il cartellone fino alla conclusione dell’anno con la possibilità di altri inserimenti. Previsti workshop, passeggiate e tour esplorativi, laboratori, degustazioni al buio e mostre tattili e una rassegna di innovazioni tecnologiche per i bambini. Pingo è arrivata nella struttura di via del Porto Fluviale oltre due anni fa per diventare il proprio riferimento. Alla nuova esperienza sono coinvolti, fra gli altri, l’Ottavo Municipio romano e Intesa San Paolo, al di là della famiglia Sonnino. La storia del Lavatoio è iniziata ai primi anni del Novecento, quando Angelo Sonnino ha acquistato l’area su cui realizzare le strutture per l’attività, facilitata, si fa per dire per l’epoca, da macchinari industriali. Nel maxilaboratorio Lanario erano occupate un centinaio di donne nelle varie mansioni. La lana era acquistata soprattutto in Scozia, in Irlanda e anche in Italia, in Sardegna. Il pregiato materiale era selezionato e lavato nella grande Leviathan, tre vasche con l’acqua a temperatura variabile e detergente a diversa intensità per le specifiche necessità. La lana, poi, era asciugata in un appropriato essiccatoio o estesa al sole nella vasta terrazza del primo piano. Alla fine il risultato era ottenuto con una produzione morbida per essere poi sfilacciata e ulteriormente lavorata con la classica pattinatrice. A questo punto era imballata in sacchi di juta, le conosciute balle, dal ragguardevole peso di un centinaio di chili. La lana era utilizzata in tutta Italia per la realizzazione di materassi e cuscini. Dopo le vicissitudini nel corso del Ventennio e della Seconda Guerra Mondiale a causa dell’origine ebrea della famiglia Sonnino l’attività si è definitivamente interrotta intorno al 1990 soprattutto per l’immissione sul mercato di nuove proposte commerciali e l’utilizzo di altri e più economici materiali per la produzione di materassi e cuscini. La famiglia Sonnino, comunque, è rimasta proprietaria della vasta area un tempo occupata dal Lavatoio Lanario. Una parte, adesso, è affidata attraverso il cosiddetto ‘affitto concordato’ alle Industrie Fluviali. Quello spazio ha ospitato anche le riprese del film ‘Le fate ignoranti’ del regista Ferzan Ozpetek.
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