L’extravergine italiano

Illustrate le proposte per sostenere e rilanciare l’intero settore, che ha registrato una discesa della produzione

È calata oltre la metà nell’ultima stagione la produzione di olio di oliva Made in Italy. “Un valore prossimo ai minimi storici”, hanno rilevato gli esperti della Coldiretti. Una flessione evidente causata dal gelo invernale, dai venti e dalla pioggia battente durante la fioritura. L’Italia, comunque, rimane il secondo produttore mondiale, ma apprezzato leader per la qualità apprezzata e ricercata anche dai consumatori stranieri. La Puglia ha confermato il primato nazionale nella raccolta anche se con un evidente abbassamento del livello quantitativo. Tutte le regioni del centro e del meridione hanno registrato un segno negativo. Solo la Toscana e le aree del settentrione hanno evitato la battuta a vuoto. Il non esaltante andamento italiano è comune anche con altri paesi, come la Grecia e la Tunisia. La Spagna, invece, ha rafforzato la posizione di capoclassifica della produzione mondiale.
Quantità e qualità. Argomenti delicati e importanti affrontati nella capitale nel corso di un incontro, ‘Olio EVO italiano, le strategie per rilanciare il settore’, promosso da UNAPROL, a cui hanno preso partecipato rappresentati delle associazioni di categoria, della distribuzione e del mondo produttivo oltre a quello istituzionale come Gianpaolo Vallardi e Filippo Gallinella, rispettivamente presidenti della Commissione Agricoltura del Senato e della Camera. Il comparto coinvolge oltre 400 mila aziende agricole, che curano più di 250 milioni di piante. Occupano oltre un milione e centomila ettari. Quasi 5 mila i frantoi operativi sparsi sull’intera penisola. Il nostro Paese vanta anche la maggiore biodiversità del pianeta. Il giro d’affari stimato è di 3 miliardi e 200 milioni di euro con la ricerca dell’olio italiano in continua e costante ascesa. Qualità e sicurezza per i consumatori, in quanto è sottoposto a 9 diversi livelli di indagine. Il Ministero della Salute annualmente effettua quasi 20 mila controlli. Ogni italiano consuma mediamente 12 chili di olio l’anno. Da un/quarto di secolo gli utilizzi nel mondo sono lievitati del 73% dovuti soprattutto al generale coinvolgimento e convincimento della bontà salutistica dell’extravergine di oliva. I dietologi e i nutrizionisti continuano incessantemente a ripetere che l’olio non è un comune condimento, ma un prezioso alimento.
Lo strategico settore nazionale, comunque, al di là della resa della scorsa stagione, attraversa un momento particolarmente complicato, in quanto condizionato dalla fastidiosa xylella, dalla contraffazione, dall’invasione di prodotti stranieri di inferiore qualità, dai cambiamenti climatici e da criticate e criticabili proposte commerciali in merito al prezzo di vendita. Scontato. Ribassato. Inverosimilmente stracciato. La flessione della raccolta porterà ad una maggiore importazione con l’inevitabile risultato che sugli scaffali in oltre 2 bottiglie di olio di oliva su 3 sarà contenuto un prodotto non Made in Italy. Il rischio per i consumatori riguarda l’evidente possibilità che confezioni con riferimenti italiani possano essere, invece, di origine, ad esempio, spagnola, greca o tunisina. La confusione è generata dalla poca chiarezza delle indicazioni sull’etichetta. Nel 2018 le importazioni dalla Tunisia sono quasi triplicate e potrebbero aumentare se l’Unione Europea dovesse rinnovare l’accordo per un commercio a dazio zero per 35 mila tonnellate l’anno oltre alle 56.700 tonnellate previste dall’accordo vanno dal 1998. Nel nostro Paese, naturalmente, sono tutti contro le agevolazioni.
All’approfondimento romano sono intervenuti, fra gli altri, i presidenti di UNAPROL, David Granieri, di Coldiretti, Ettore Prandini, di Federolio, Francesco Tabino, di ADUSBEF, Antonio Tanza e dell’Associazione Distribuzione Moderna Giorgio Sambrogio, che è anche amministratore delegato del Gruppo VeGè. Presente anche il direttore esecutivo del COI, il Consiglio Oleicolo Internazionale, Abdellatif Ghedira, che ha definito “quello italiano la mamma di tutti gli EVO”. L’olivo, fra l’altro, è uno straordinario assorbente delle sostanze inquinanti nell’aria, ma i più hanno sottolineato l’importanza di armonizzare i parametri dell’extravergine e le norme a livello europeo. Non sono mancati i richiami all’attenzione posta dalle istituzioni degli altri paesi, in particolare quelle spagnole, per i coltivatori sostenuti economicamente, molto di più di quanto avviene in Italia. La xylella in Puglia ha causato danni per oltre un miliardo di euro e non è stata ancora circoscritta e debellata per ritardi, incertezze ed errori strategici.
Alla fine del giugno del 2018 è stato finalmente sottoscritto il cosiddetto ‘contratto di filiera’ per stabilizzare le condizioni economiche, assicurare la sicurezza e la diffusione dell’olio italiano. Alcuni paesi per la promozione delle rispettive produzioni utilizzano le strutture diplomatiche, ambasciate e consolati, mentre l’Italia potrebbe delegare anche i numerosi ristoranti aperti sul pianeta, in particolare quelli dalla cucina tricolore.
Nei giorni scorsi i rappresentanti di UNAPROL e della Coldiretti hanno incontrato il ministro delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo Gian Marco Centinaio e, oltre a chiedere sostegni economici per l’ovicoltura, hanno presentato un articolato piano ‘Salva-olio’, fra cui emerge anche la riforma per i reati alimentari proposta dall’apposita Commissione guidata da Giancarlo
Caselli; l’obbligo della registrazione telematica degli oli commercializzati in tutti i paesi dell’Unione e l’indicazione dell’origine in etichetta; la difesa del panel test utile per la valutazione e la classificazione delle caratteristiche organolettiche; la promozione della conoscenza e della cultura dell’extravergine di oliva e l’eliminazione del segreto di Stato sui flussi di importazione sia della materia prima che di quella lavorata.
Gli interventi, coordinati da Chiara Giallonardo, che conduce il programma televisivo ‘Linea Verde’, hanno ribadito la leadership italiana nel numero di specie coltivate, 533; di DOP, 42 e di IGP, 4.

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