Medici senza camice

Da una ricerca della FIASO emerge una fuoriuscita di specialisti dagli ospedali non adeguatamente sostituiti

Codice rosso in tutti gli ospedali pubblici e le ASL. L’allarme, al momento non per i pazienti, è stato lanciato dalla Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere nel corso di un incontro sul tema, Politiche del personale e modelli organizzativi: riflessioni dalla ricerca FIASO sul fabbisogno specialistico SSN’. La preoccupante emorragia del personale medico, peraltro già evidenziata in passato, è stata confermata anche da una ricerca curata da Mario Giacomazzi e Nicola Pinelli in collaborazione con Flavia Di Pasquale e illustrata agli intervenuti nella Sala Folchi del Complesso Ospedaliero ‘San Giovanni-Addolorata’ di Roma dal coordinatore della FIASO dell’Emilia-Romagna Luca Baldini. Lo studio ha coinvolto quasi la metà delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, 62 del settentrione, 11 del centro e 18 del sud e il 40% dei medici di tutte le regioni, al di fuori della Calabria e dell’Umbria. Un approfondimento significativo, quindi, per scattare una fotografia sull’attuale situazione ed elaborare una proiezione sull’età anagrafica e di servizio del personale sanitario.
Intanto da oggi e fino al 2022 le assenze potrebbero essere 11.803 anche se dovesse essere sbloccato il turnover, una delle cause del mancato ricambio generazionale insieme allo stop dei rinnovi contrattuali per nuove e aggiornate competenze e professionalità. Dall’indagine è emerso, fra l’altro, che il 51,5% dei medici ha raggiunto i 55 anni di età e che fra il 2012 e il 2017 hanno concluso il periodo lavorativo in 9.580, il 21% della popolazione ospedaliera specializzata al 31 dicembre del 2011. Una media di quasi 1.600 medici ogni anno, per lo più o completamente non rimpiazzati. È l’elaborazione dei successivi otto anni a far suonare i campanelli e le sirene. Infatti, in base ai dati riferiti al 30 settembre del 2017, i medici che tagliano il traguardo dei 65 anni saranno nel 2025 complessivamente 15.938 con una oscillazione fra i 2.245 alla fine del 2018 e i 1.688 dell’ultima stagione considerata.
Inevitabile, quindi, l’impoverimento del personale soprattutto nelle aree più decentrate e lontane da punti universitari e nelle strutture sanitarie più limitate nelle dimensioni e dal numero ridotto di specializzati. La riduzione continua e costante delle risorse e il mancato reintegro hanno portato all’annunciata e prevedibile situazione, che inizialmente ha riguardato solo poche discipline, in particolare Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza e Pediatria.
Il presidente della Federazione Francesco Ripa di Meana ha ricordato come in questo quadro generale, certamente non esaltante, le aziende sanitarie e ospedaliere hanno cercato di offrire prestazioni soddisfacenti ai pazienti e di rispettare alla fine dell’anno i conti del proprio bilancio. Nel corso del convegno, oltre a ricordare l’assenza di una periodica verifica della pianta organica presente e futura, è stata rivelata la flessione anche del numero degli infermieri, quasi 120.000 e della fuoriuscita dei dirigenti, 4.715 fino al 2025 in un Servizio Sanitario Nazionale che celebra i quarant’anni dall’istituzione del 1978. Le maggiori defezioni e, quindi, criticità nell’erogazione dei servizi e degli interventi, sono previste nei reparti di Anestesia e Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza e di Pediatria, ma anche di Ortopedia e Traumatologia e di Ginecologia e Ostetricia.
L’iniziativa della FIASO ha messo intorno allo stesso tavolo i rappresentanti delle componenti del settore sanitario pubblico con il presidente Ripa di Meana a tracciare le conclusioni e a presentare proposte per l’inevitabile e rischioso impasse. L’Italia, comunque, rimane uno dei paesi con una disponibilità di medici, in rapporto ai cittadini, superiore alla media di chi ha un Servizio Sanitario Nazionale comparabile. Intanto nei prossimi anni il numero dei sanitari in possesso del diploma di specializzazione sarà inferiore a quello che dovrà lasciare il servizio e, poi, manca un equilibrio fra le varie discipline, alcune già in sofferenza. Le aziende, perciò, sono chiamate ad intervenire attraverso nuovi modelli organizzativi e modifiche strutturali per garantire la necessità e possibilmente migliorare il livello qualitativo del SSN. La fase riorganizzativa sarebbe appesantita, secondo Ripa di Meana, se ci fosse un allargamento del numero delle scuole di specializzazione, in quanto, quando il personale medico sarà disponibile sul mercato, mediamente fra almeno cinque anni, il mondo delle organizzazioni avrà mutato aspetto, probabilmente sarà trasformato, più o meno, comunque sarà diverso. Inevitabile incrementare il numero dei contratti di formazione specialistica. Molti laureati in Medicina e Chirurgia non riescono ad entrare nelle scuole di specializzazione e, comunque, il numero non sarebbe sufficiente ad ammortizzare le uscite. E, poi, sarebbe opportuno favorire la multidisciplinarità e l’integrazione professionale nelle attività di prevenzione, diagnosi, cura e assistenza; valorizzare le figure professionali sia della dirigenza che del comparto, fra cui gli infermieri e le professioni sanitarie con adeguamenti legislativi e contrattuali; distribuire più equamente gli specializzandi tirocinanti su tutte le strutture del territorio; modificare la norma per consentire ai medici di restare al lavoro più a lungo, generalizzato ai 70 anni di età ed eliminando la soglia quarantennale di attività e introdurre altri profili per rispondere al fabbisogno anche con la creazione di vivai professionali con costante aggiornamento.

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