Campus Peroni

Birra prodotta solo con malto italiano. Intesa con il CREA e alcune università a favore dei giovani studenti

L’ingrediente importante della birra è il malto, che è completamente Made in Italy. La Peroni conferma la tradizione nazionale con le radici ben piantate sulla penisola come l’orzo coltivato su quasi 17 mila ettari che coinvolgono oltre 1.500 agricoltori di dieci regioni: Abruzzo, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana e Umbria. L’obiettivo è di allargare l’area disponibile per impegnare ancora più operatori. Non solo. Il Gruppo, dal 2016 passato nelle mani giapponesi della Asahi Breweries, ha sottoscritto un’intesa con il CREA, il Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria, per la realizzazione del Campus Peroni, una realtà per la formazione e l’innovazione dei giovani studenti interessati. All’iniziativa, per una coltivazione sostenibile dell’orzo utilizzato per la birra e per la fornitura di un malto al 100% italiano, hanno offerto collaborazione e disponibilità le università di Firenze, Padova, Perugia, Teramo e della Tuscia attraverso il rispettivo Dipartimento di Scienze Agrarie. Un modo per rafforzare ancor di più il legame fra tutti i protagonisti interessati alla produzione della birra. Il Gruppo ha come riferimento la malteria Saplo di Pomezia, un centro dell’hinterland romano. La conoscenza e l’esperienza del Gruppo, nato nel 1846 a Vigevano sulla spinta di Giovanni Peroni con l’intuitivo trasferimento a Roma nel 1864, sarà utile sia per la condivisione con i giovani studenti che per la ricerca e l’innovazione. “E gli agricoltori, che partecipano all’attività della Peroni, potrebbero diventare una specie di tutor per gli studenti”, ha sottolineato Federico Sannella, direttore delle Relazioni Esterne dell’azienda con base romana. Lo stesso Sannella non ha mostrato alcun disagio in merito all’avanzata delle produzioni artigianali anche di contenute dimensioni e limitata presenza sul mercato. “È comunque un modo per parlare della birra e interessare e informare sempre più il consumatore”.
Il presidente del CREA Salvatore Parlato ha ribadito “l’importanza delle tecnologie di precisione per la gestione e il monitoraggio delle colture, utilizzando anche sistemi di integrazione, compresi quelli meteorologici”.
“Il modello-Peroni può essere replicabile, in quanto riguarda la formazione, la ricerca, l’industria primaria e della trasformazione”, ha aggiunto Sannella alla presenza del sottosegretario al Ministero di via Venti Settembre Alessandra Pesce, che è “in attesa dei risultati dell’iniziativa e della risposta dei consumatori, chiamati a comprendere dopo essere stati, comunque, informati e sensibilizzati anche sulla ricerca per le materie prime qualificate come 100% italiane”.
A coordinare questo master sarà Michele Pisante, docente universitario, che non ha mancato di ricordare come “non esistono situazioni simili per altri prodotti”.
Nel 2017 il fabbisogno è stato di 55 mila tonnellate per un valore di 15 milioni di euro. 3 mila e 400 tonnellate la quantità di seme distribuito. Il piano sarebbe di far lievitare alcune cifre, conservando, comunque, la qualità e la garanzia reddituale per gli agricoltori con una specie di meccanismo collegato al cosiddetto ‘minimo garantito’. Esistono margini per poter sviluppare e allargare l’intero settore, anche per le conferme di sperimentazioni, ormai consolidate da qualche stagione, della coltivazione del luppolo, altro ingrediente utile alla produzione della birra. Un modo per cerchiare l’intera attività e certificare la richiesta di DOP o IGP come in altri paesi. I test sul luppolo procedono, fra cui nelle campagne umbre.
Peroni ha reso note anche le percentuali regionali delle forniture di orzo, che vedono Lazio, Marche e Umbria sul podio con oltre il 20%. Il Lazio, in particolare, è pronto a superare la soglia del 30%, in quanto ha toccato il 29,3%.
Intanto la bottiglia da 33 centilitri servita soprattutto nei locali, quindi fuori dalle mura domestiche, cambia aspetto. L’annuncio rivelatore è stato di Chiara Di Pietro, interessata nella salvaguardia e nella valorizzazione del brand. La bottiglia è stata spogliata dell’etichetta centrale. Resta il collarino sotto il tappo con condensate le utili e necessarie informazioni, in particolare dell’utilizzo del malto completamente italiano e il rinnovo a consumare una ‘Passione italiana’.

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