Gli impianti per il riciclo

‘Green Book’. Annuale studio sul settore dei rifiuti promosso da Utilitalia, da cui emergono criticità infrastrutturali e difficoltà nel sud

 

Una penisola, che nella raccolta e nello smaltimento dei rifiuti in modo differenziato è perlomeno divisa, se non frammentata. Ben oltre la media, anche europea e funzionale con risultati soddisfacenti nelle zone settentrionali; insufficiente con aree di assoluta arretratezza per quantità raccolta e organizzazione nel sud con le regioni del centro, Roma compresa, oscillanti a seconda dei materiali da ‘lavorare’ fra la positività e la rincorsa a un futuro miglioramento. I dati emergono sia dal periodico ‘Green Book’ promosso da Utilitalia e curato dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con l’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e la partecipazione dell’ENEA, l’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile e la partecipazione dell’ANCITEL Energia e Ambiente, che dall’intervento dell’assessore di Roma Capitale Sabrina Alfonsi.
Uno dei maggiori e, forse, determinanti handicap riguarda l’impiantistica assolutamente imbarazzante nel numero nel Mezzogiorno, che non consente la corretta chiusura del ciclo dei rifiuti e sono causa di sovraccarichi di costi per il trasporto verso altre regioni o, addirittura, all’estero. Questa situazione pesa inevitabilmente sulla quota della TARI, la Tassa sui Rifiuti, che nelle regioni meridionali è la più alta, 368 euro per abitante nel 2022. Nelle aree centrali è di 335 euro e al nord è di 276 euro. E, poi, il continuo via-vai dei camion genera inquinamento, oltre al mancato vantaggio a favore di chi smaltisce i rifiuti, soprattutto in energia.
Eppure per le 534 aziende esaminate il fatturato del 2021 è stato di quasi 13 miliardi e 500 milioni di euro, in grado di sfiorare l’1% del Prodotto Interno Lordo nazionale e di occupare almeno centomila addetti diretti, lo 0,4% del totale italiano e l’1,7% del solo settore industriale. L’altra faccia della medaglia, o la medesima, è rappresentata dalle gare proposte per la maggior parte al servizio di un solo comune e, soprattutto, di limitate dimensioni e l’85% dell’eventuale accordo ha una durata inferiore ai cinque anni. Il 67%, inoltre, è localizzata nel meridione per l’evidente ristrettezza di gestioni industriali locali. Al momento in tutto il Paese i termovalorizzatori operativi sono solo 37, un deficit lampante in confronto al centinaio della Germania e ai quasi centoventi della Francia. Lo studio di Utilitalia del 2023, illustrato nella capitale, a Palazzo Merulana, ha rivelato che per rispettare gli obiettivi fissati dall’Unione Europea sarebbe opportuno un investimento impiantistico per il 2035 di 5 miliardi di euro per l’organico e per il recupero energetico della parte non riciclabile; un miliardo e 200 milioni di euro per l’incremento della differenziata e 600 milioni di euro per il resto da destinare in discarica, il 10% e altri 300 milioni euro per completare la fase della cosiddetta ‘Tariffa Puntuale’.
L’attuale situazione, anche in relazione ai risultati ‘sulla gestione dei rifiuti urbani in Italia’, è stata affrontata nel corso di un incontro, a cui hanno partecipato, fra gli altri, i presidenti di Utilitalia Filippo Bardolini, dell’ISPRA Stefano Laporta, dell’AMA di Roma Daniele Pace, della Fondazione Utilitatis Stefano Pareglio e del Gruppo Iren Luce-Gas-Servizi Luca Del Fabbro. Il confronto ha coinvolto anche l’assessore all’Ambiente, Agricoltura e al Ciclo dei Rifiuti del Comune di Roma Sabrina Alfonsi, la rappresentante del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Laura D’Aprile e quello dell’ARERA, l’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente, Lorenzo Bardelli e l’economista Antonio Massarutto. Gli interventi sono stati coordinati dal giornalista Giorgio Santilli del quotidiano ‘Il Sole 24Ore’. Hanno arricchito la giornata i direttori del Dipartimento per la Valutazione, i Controlli e la Sostenibilità Ambientale dell’ISPRA Valeria Frittelloni e della Fondazione Utilitatis Francesca Mazzarella.
Nel 2021 è stato registrato un aumento generalizzato della produzione di rifiuti arrivato a 502 chili per abitante, ma la quota di riciclaggio riutilizzata è pressoché stabile al 48% e, in particolare, la massa finita in discarica è ancora del 19%. Necessario, quindi, un miglioramento qualitativo della raccolta, oltre naturalmente, alla realizzazione di nuovi impianti.
A questo proposito Roma cerca di uscire da uno storico impasse appesantito dopo l’inevitabile chiusura della maxidiscarica di Malagrotta. La capitale d’Italia non può contare su impianti e “l’amministrazione comunale, per la prima volta, cerca di risolvere concretamente la delicata situazione con una fase industrializzata caratterizzata da un paio di strutture per la carta e la plastica, di una trentina di centri di raccolta, almeno due a municipio”, ha rivelato Sabrina Alfonsi. “È opportuno ricordare che i municipi romani hanno una estensione e una popolazione di una media provincia italiana. E, poi, il termovalorizzatore per la sospirata autosufficienza”. Interventi sostenuti dai fondi per il Giubileo e dal cosiddetto ‘Decreto Aiuti’ e dalla funzione di commissario straordinario assegnato al sindaco Roberto Gualtieri. “Roma è come fosse divisa in tre parti, una riguarda il verde, l’altra il settore agricolo e l’ultima il cosiddetto ‘costruito'”. L’attenzione è rivolta anche alle ‘terre da spazzamento’ e al coinvolgimento dei cittadini e delle imprese. I continui richiami alla sensibilizzazione dovrebbero essere ampliate anche agli amministratori pubblici locali soprattutto di quelle aree dove il gap per la raccolta differenziata e per lo smaltimento e il riciclo è perlomeno ancora inquietante.
Il ‘Green Book’ ha affrontato anche lo spessore della differenziata e dei materiali destinati al riciclo, in cui, in alcuni settori, il nostro Paese è ormai indiscusso e riconosciuto leader. Nei comparti della carta e del cartone e del vetro l’Italia è ormai arrivata vicinissima al limite attraverso i consorzi e la quantità della frazione organica da trattare è in continuo aumento in tutte le aree della nostra penisola. “L’impulso alla realizzazione di impianti innovativi potrebbe arrivare con le risorse del PNRR”, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ha precisato il presidente di Utilitalia Filippo Brandolini, “soprattutto per la frazione organica, i tessili e i RAEE, i Rifiuti di Apparecchi Elettrici e Energetici”. Il corretto riciclo dei RAEE, in particolare, sarebbe un grado di offrire una gran quantità di materie prime seconde che l’industria e l’artigianato potrebbero utilizzare evitando costose importazioni. Nel 2021 sono state riciclate quasi 300 mila tonnellate, anche se il livello, 6 chili per abitante, è ancora al di sotto della media europea, 10 chili a persona.
Gli operatori del settore continuano a chiedere uno snellimento delle procedure burocratiche per le autorizzazioni riguardanti gli impianti. Nel prossimo futuro è previsto un incremento della raccolta differenziata del tessile. Attualmente il 72% dei comuni italiani è nelle condizioni di un recupero per una quantità complessiva di almeno 154 mila tonnellate. Il dato è riferito al 2021. Ricerca e innovazione in questo comparto potrebbe portare benefici ambientali, sociali ed economici con un risparmio anche di 4 milioni e 300 mila tonnellate di CO2, l’allargamento dell’occupazione di oltre 15 mila opportunità e un giro d’affari compreso fra un miliardo e 500 milioni di euro e 2 miliardi e 200 milioni di euro.

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