Aria pulita

Approfondimento a Roma promosso da Amici della Terra sulla cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica in relazione al progetto europeo

 

Decarbonizzazione, i futuri limiti europei delle emissioni inquinanti, i progetti prima sperimentali per il recupero e, eventualmente, l’utilizzo della CO2, le esperienze e i possibili nuovi scenari e le relative opportunità sono stati gli argomenti affrontati nella capitale da ricercatori, amministratori pubblici ed esperti del settore nel corso del convegno promosso da Amici della Terra. ‘Cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica in Italia. Il progetto •Cleanker• come primo esempio virtuoso. Politiche ed approcci necessario per una strategia di decarbonizzazione dell’industria’ è stato il continuo e costante riferimento della giornata organizzata a Palazzo Baldassini.
La serie degli interventi è stata inaugurata da Monica Tommasi, presidente di Amici della Terra, ma sono stati i numeri e le considerazioni del presidente LEAP del Politecnico di Milano Stefano Consonni a scuotere l’interessata platea. “Nonostante l’uso continuo per soddisfare il fabbisogno mondiale di energia ancora non è stata raggiunta la vetta per poter affermare di essere in grado di registrare una discesa. Secondo alcuni laboriosi calcoli il carbone potrebbe toccare il cosiddetto ‘picco’ fra qualche anno, il gas intorno al 2030 e il petrolio entro il 2035, anni fissati dall’Europa per la prima tappa della contrazione delle emissioni di sostanze inquinanti nell’atmosfera, -25%. CO2 dai valori pressoché costanti fino al 2050, poi dovrebbero essere segnalate continue decrescite. Quella data, per il paesi dell’Unione, sarà altrettanto importante, in quanto proprio in quel periodo è fissato l’altro e ambizioso step di riduzione delle sostanze dannose che finiscono nell’aria e sono causa di inquinamento e cambiamenti climatici”. Procedendo di questo passo le possibilità di riuscita sarebbero estremamente contenute. La cura, per avere qualche possibilità, è rappresentata soprattutto da “una maggiore espansione delle rinnovabili, dai progressi tecnologici per ottenere energia e dalle strategie. In Europa il calo generale delle emissioni nocive è stato di almeno l’8% e di quasi un/quarto, il 23%, nel settore industriale”. Un’altra possibilità per migliorare la situazione potrebbe essere oltre a un incremento degli investimenti, la cattura, lo stoccaggio o il riutilizzo dell’anidride carbonica “anche solo per guadagnare tempo” per soluzioni ancora più innovative.
Intanto la cattura e il susseguente utilizzo è già realtà anche se in forma ridotta e quantomeno sperimentale. Hanno illustrato i progetti e le iniziative alcuni degli intervenuti, fra cui il docente al Politecnico di Milano Matteo Carmelo Romano e, con la “decarbonizzazione nel settore del cemento”, Luigi Buzzi di Unicem. Romano ha rivelato come il CCS, il Carbon Capture and Storage o Sequestration, sia “uno strumento importante per abbattere le emissioni di CO2 nel settore industriale” e saranno, forse, “fondamentali i prossimi anni per avvicinare quota zero”. Altrettanto fondamentali saranno le fasi di stoccaggio e di trasporto “delle compagnie Oil&Gas in virtù delle competenze e delle esperienze”. Unicem è operativo nell’area di Vernasca, in provincia di Piacenza, ma anche “il polo di Ravenna, sempre in Emilia-Romagna, è strategico per il nostro Paese”, ha ricordato il consigliere regionale Gianni Bessi.
All’interno di un mondo industrializzato il cemento è un prodotto imprescindibile e registra una costante crescita delle quantità produttive e può essere estremamente funzionale alla riduzione delle emissioni di CO2. Il progetto, ‘Cleanker-Clean clinker production by calcium looping process’, avviato il 1° ottobre del 2017 attraverso un finanziamento previsto dal Programma Europeo ‘Horizon 2020’ è nella fase conclusiva dopo aver seguito le strategie dell’Unione sul CCUS, Carbon Capture Utilisations and Storage, cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica. Il progetto è riuscito per la prima volta a dimostrare la possibilità di catturare la CO2 nelle condizioni operative in un moderno impianto come quello di Vernasca del gruppo Unicem. A questo punto, a sentire esperti ed osservatori, la tecnologia CCUS potrebbe essere una delle soluzioni con il rafforzamento delle rinnovabili e di altre opportunità di decarbonizzazione per sostenere il raggiungimento degli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi. La Commissione Europea in una comunicazione ha invitato i singoli paesi ad aggiornare i rispettivi “piani nazionali per l’energia e il clima” nell’arco temporale “2021-2030”. E, così, le industrie sarebbero in grado di catturare e immagazzinare permanentemente, in aree di stoccaggio geologico, le delicate emissioni. Tredici le strutture produttive che in Europa erano coinvolte nel progetto sperimentale. In Italia la Buzzi Unicem e l’Italcementi.
All’approfondimento romano organizzato da Amici della Terra hanno partecipato, fra gli altri, anche Erica Mazzetti, componente della Commissione Ambiente della Camera; Marcello Capra, del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica; Chris Bolesta, della Commissione Europea; Enrico Mariutti, presidente dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliare, il quale ha rilevato che “chi fosse in grado di decarbonizzare le centrali a carbone avrebbe un mercato sterminato”; Valentina Volpi, ricercatrice dell’Istituto di Oceanografia e Geofisica Sperimentale e Patrizia Feletig, firma del volume ‘Caccia grossa alla CO2’. Per sostenere la soluzione, è stato più volte sottolineato, sono necessari investimenti anche con risorse pubbliche.

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