Un settore in continua e costante espansione sia come quantità raccolta e lavorata che per i materiali da riutilizzare sul mercato per una seconda sfruttabile vita. ‘L’Italia del riciclo’ ha ufficializzato il decimo Rapporto elaborato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da FISE Unicircular, l’Unione delle Inprese dell’Economia Circolare. Negli anni le ormai 1.200 aziende hanno migliorato tecnologicamente gli impianti e, quindi, il trattamento e aumentato il livello della disponibilità da offrire al mercato e anche il campionario dei prodotti da riutilizzare. Le imprese, comunque, lamentano la mancanza di una strategia nazionale, l’ancora scivolosa e lunga fase burocratica per ottenere le necessarie autorizzazioni, il limitato mercato delle materie prime seconde e la cronica carenza degli opportuni impianti. “Bravi a riciclare, meno, molto meno a sfruttare il mercato”, hanno rilevato gli osservatori. Un altro grande handicap nazionale riguarda la mappa della raccolta differenziata con zone che registrano percentuali addirittura superiori all’Europa più avanzata e altre con risultati a dir poco negativamente imbarazzanti. Sollecitare le amministrazioni pubbliche locali e i rispettivi cittadini è uno degli obiettivi per far elevare le singole quote proprio a poco tempo dal recepimento della disposizione europea. E in vista di quelle fissate per il 2035, che prevedono il 65% dei rifiuti prodotti destinati al riciclo e almeno il 10% evitato alla comune discarica. L’approfondimento dell’illustrazione è stato anticipato dagli interventi dei presidenti di FISE Unicircular e della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, rispettivamente Andrea Fluttero ed Edo Ronchi, che hanno ricordato la gran massa di rifiuti prodotti, +7% negli ultimi dieci anni e, soprattutto, quelli riciclati, +42% nello stesso periodo. Diciassette i materiali esaminati con alcune new entry o, comunque, un elenco opportunamente aggiornato. Sui dati, naturalmente, non c’è il condizionamento della norma End of Waste approvata solo recentemente dal Parlamento, che consente di rilasciare dalle regioni le varie autorizzazioni caso-per-caso omogeneamente alle direttive nazionali. Nel 2018 la produzione mondiale di acciaio è stata di quasi un miliardo e 800 mila tonnellate con un aumento del 6%. Le locomotive del mercato, comunque, sono geograficamente cambiate, trasferite dall’Europa e dal Nord America alle aree asiatiche, che hanno raggiunto il 70% della produttività complessiva. Leadership della Cina, poi India e Giappone. In Italia il settore è composto da una trentina di imprese di operatività internazionale. La produzione è stata di oltre 24 milioni di tonnellate, +2% rispetto al 2017. La raccolta di imballaggi in acciaio è lievitata del 7% e i 107 operatori del consorzio Ricrea hanno raccolto 460 mila tonnellate con un aumento negli anni del 7%. Era dal 2009 che il bilancio non mostrava un segno negativo, 0,6%, a causa soprattutto del mercato cinese. Inversione di tendenza per il settore della carta e dei cartoni a livello planetario. Nel nostro Paese, invece, il piano è praticamente in equilibrio, se non per un impercettibile incremento, +0,1%, per un volume di quasi 9 milioni e 100 mila tonnellate. Un migliaio le convenzioni sottoscritte da Comieco con oltre 5 mila e 500 amministrazioni pubbliche locali. Nel 2018 la raccolta sulla nostra penisola di carta e cartoni ha sfiorato i 3 milioni e 400 mila tonnellate, 56 chili e 300 grammi per abitante. Al di là della media nazionale le aree centrali e settentrionali della penisola. Le otto regioni del sud sono ferme al 38,1%. Entro il 2023 i rifiuti biodegradabili dovranno anche essere raccolti separatamente. Dal 2027 solo il rifiuto organico proveniente dalla differenziata potrà entrare nel calcolo del riciclaggio, ma in Italia il sistema è da tempo operativo. Questo secondo la direttiva europea, che ha posto limiti e tempi. Il rifiuto organico comprende, oltre ai residui di cucine e mense, anche i biodegradabili di parchi e giardini, come potature e sfalci. In Italia è stata confermata la crescita, costante e continua negli ultimi anni, oscillante fra il 5 e il 10 per cento. Nella categoria figurano anche i fanghi di depurazione. Sulla nostra penisola sono attivi 17.897 impianti di depurazione delle acque reflue urbane utili per quasi 35 milioni di persone. Per garantire la tutela delle acque i comuni completamente sprovvisti, almeno 342, dovranno attrezzare un sistema di depurazione, che consentirà un aumento del volume dei fanghi da avviare a nuova gestione. Il riutilizzo dei tessuti recuperati sarebbe intorno al 68%. Il riciclo di indumenti, scarpe e accessori non dovrebbe superare il 30%. Il resto, probabilmente, finisce nell’indiscriminato smaltimento. A frenare l’andamento è soprattutto la raccolta, che non è particolarmente organizzata e omogenea su tutto il territorio nazionale. Dal 2011 il riciclo della gomma e degli PFU, Penumatici Fuori Uso, coinvolge anche i produttori con la cosiddetta ‘responsabilità estesa’ per cercare di fronteggiare gli scellerati e inqualificabili abbandoni sul territorio. Resta irrisolta ancora la questione dei materiali venduti sotto traccia e senza il previsto contributo. Sul totale di quelli regolarmente gestiti è aumentata la quantità degli avviati al riciclo dal 43% al 58%. In Italia il ritardo del provvedimento End of Waste causa disagi alle imprese nel commercio dei materiali derivati. In evidente crescita il settore degli imballaggi in legno, quasi 2 mila tonnellate per un +59%. A dare l’impulso alla raccolta sono state soprattutto le componenti pubbliche e la possibilità in alcune aree, in precedenza assolutamente deserte di servizio. La maggiore disponibilità, dopo l’opportuna lavorazione, ha consentito di sostituire quasi integralmente il nuovo a vantaggio del prodotto riciclato. È aumentata anche la quantità recuperata di materiali non ferrosi. I rottami di alluminio, in particolare, hanno visto una salita del 44%. Nel nostro Paese la produzione riguarda esclusivamente l’alluminio secondario, che arriva da varie fonti. Il settore ha raggiunto già i parametri europei fissati per il 2030 anche per la lavorazione di alcune tipologie prima non recuperate come le capsule da caffè. La crescita degli oli e grassi vegetali e animali è vistosa, +81% in quest’ultimo decennio. Un successo dovuto al maggiore utilizzo in varie attività, fra cui la produzione di biodiesel. Il più pericoloso aspetto riguarda ancora la relativa percezione dell’opinione pubblica sulla dannosa dispersione incontrollata nell’ambiente degli oli usati di provenienza alimentare. Opportuna una migliore informazione e una salita della generale sensibilizzazione. E questo favorirebbe anche la quantità della raccolta. L’eco dei richiami dovrebbe arrivare anche al settore degli oli minerali, la cui quota è ravvicinata al completo exploit a salvaguardia dell’ambiente e a vantaggio del riuso. La maggiore raccolta è registrata in Lombardia e, poi, in Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana. Negli ultimi sei anni, fra il 2013 e il 2018, il peso del recupero è lievitato da 8 mila 420 tonnellate a 10 mila 432 tonnellate segnando un +24%. Il rapporto fra l’immesso sul mercato di pile e accumulatori portatili con la raccolta ha toccato il 42%. Indietro, comunque, sia all’obiettivo del 2016 del 45% che alla media dei paesi dell’Unione, 46%. Gli esperti indicano anche le modalità per raggiungere i traguardi e risalire posizioni europee e riguardano soprattutto un’azione più omogenea sul territorio nazionale e il richiamo a smaltire correttamente le pile e non in modo indifferenziato e indiscriminato. Infatti la debacle riguarda proprio quelle portatili utilizzate domesticamente e non gli accumulatori industriali e dei veicoli salite rispettivamente nell’ultimo anno del 18% e dello 0,2%. La quota degli imballaggi di plastica è aumentata fino al 45%. Le scadenze europee sono a un passo, 50% nel 2025 e 55% nel 2030. Nel Vecchio Continente la media del rapporto fra l’immesso al consumo con il riciclo è del 42%, ma riguarda l’ultimo dato disponibile risalente al 2017. L’Italia, comunque, è al terzo posto dopo Germania e Spagna. Il livello nazionale dovrebbe avere una accelerazione se fossero rispettate adeguatamente le nuove disposizioni sulle bottiglie monouso, posate, piatti, bicchieri e bastoncini cotonati. In Asia è segnalata la maggiore produzione di plastica, oltre la metà di tutta quella mondiale con la Cina capofila al 29,4%. +61% nell’ultimo decennio di raccolta dei RAEE, i Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche. Cinque le categorie, due comprendono, raggruppati, i frigoriferi, i congelatori, i condizionatori e gli apparecchi utilizzati per scaldare l’acqua; i cosiddetti ‘grandi bianchi’, oltre ai forni e ai piani-cottura; i monitor e le tv; i piccoli elettrodomestici e le sorgenti luminose. L’1:1 e l’1:0 disponibile nei punti-vendita avrebbe dovuto portare ad ulteriore incremento del recupero, anche se sarebbe opportuno un maggior controllo sulla linea per una corretta separazione dei materiali e il conseguente riutilizzo. Opportuna e necessaria un’ulteriore informazione per la consegna degli inutilizzabili e dei sostituiti ai centri commerciali specializzati. Andamento ancora incerto dei rifiuti da spazzamento stradale, che dovrebbero essere separati dagli altri RSU, Rifiuti Solidi Urbani. Il peso totale dovrebbe essere di 311 mila 285 tonnellate con una quota largamente maggiore raccolta nelle regioni settentrionali. Positivi i risultati ottenuti nel settore degli inerti ricavati da costruzioni e demolizioni, +17% dal 2013, nonostante la crisi economica, che ha colpito soprattutto il mondo dell’edilizia. E, poi, la mancata realizzazione di grandi opere e di adeguate norme sul riutilizzo dei materiali prodotti dalle specifiche lavorazioni e da riutilizzare non hanno favorito lo sviluppo del particolare settore. La maggior parte degli scarti edili sono stati avviati al riciclo, il 31% sono smaltiti in discarica o attraverso l’incenerimento e il 28% sono utilizzati per il recupero energetico. I solventi sono ampiamente usati nei processi chimici e biologici. Il recupero, rispetto alla produzione tradizionale, favorisce una riduzione anche di quindici volte delle emissioni di CO2. Il settore avrebbe ampie potenzialità anche guardando alla diminuzione di possibilità nel reperimento di materie prime. La ricerca e lo sviluppo tecnologico potrebbe spingere a un innalzamento dei risultati. Italia al secondo posto in Europa, dopo la solita Germania, per il riciclo dei solventi. Il calo del ricambio delle auto non ha certamente favorito il settore. Almeno nel nostro Paese, dove sono lamentate anche carenze strutturali per il completo riciclaggio dei materiali dei veicoli fuori uso. Assolutamente rosea la situazione della raccolta e del riuso del vetro. La quota fra il commercializzato e il rilavorato è arrivata al 76% e ha raggiunto già il duplice obiettivo europeo, del 70% al 2025 e del 75% al 2030. L’Italia è sul podio continentale, comunque dopo la Germania e la Francia. E non escluso che nei prossimi anni il catalogo dei materiali riciclati e conseguentemente quelli a disposizione del mercato possa essere ampliato e arricchito. Inevitabile, quindi, un opportuno monitoraggio per verificare e valutare l’andamento. Il caso potrebbe riguardare le acque reflue, peraltro già trattate: 233 milioni di metri/cubi, ha rivelato il FOR, Fertilizzante Organico Rinnovabile, per recuperare le sostanze utili e utilizzate in agricoltura e drenare il crescente fenomeno della desertificazione. L’impiego di una tonnellata di FOR corrisponde a cinque alberi piantati per chiudere un ciclo ambientale virtuoso. Da non sottovalutare anche l’ormai imminente attivazione, dopo una lunga e snervante attesa, dello stabilimento veneto di Contarina per conto di Fater per la lavorazione dei pannolini, dei pannoloni e degli assorbenti igienici femminili. La prossima attività, già positivamente sperimentata, unica al mondo, sarà in grado di estrapolare e inviare in commercio cellulosa, plastica e polimero per la realizzazione di numerosi prodotti come contenitori, grucce, giocattoli, tavoli e sedie, carte, tessuti, fertilizzanti e assorbenti per gli animali. Ogni giorno in Italia sono smaltiti 11 milioni, fra pannolini, pannoloni e assorbenti, quasi 900 mila tonnellate l’anno, il 4% dei rifiuti solidi urbani che finiscono nelle discariche o negli inceneritori.
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