Quasi 93 mila operatori biologici e oltre 82 mila produttori, che sono stati in grado di trasformare l’agricoltura da intensiva alla più naturale possibile contribuendo significativamente all’incremento della fertilità del suolo, alla biodiversità e alla drastica riduzione dell’uso della chimica. Servizi ecosistemici che favoriscono il benessere delle persone e le condizioni dell’ambiente. Le coltivazioni e gli allevamenti biologici hanno un impatto sociale e territoriale positivo, in quanto coinvolge gli agricoltori sempre più giovani e al femminile, impegnati nell’importante dimostrazione che possa essere raggiunto un equilibrio fra gli interessi imprenditoriali, i bilanci con i conti soddisfacenti e la rivitalizzazione o, al limite, la conservazione dello stato naturale del più o meno ampio perimetro. Il sistema italiano ha velocemente scalato la graduatoria europea conquistando la leadership sia nei risultati ottenuti sui campi e anche nelle stalle che nelle generali considerazioni per diventare ormai un riferimento per gli interessati degli altri paesi. La ‘fotografia’ sull’attuale realtà nazionale è stata scattata nel corso dell’Assemblea dei Produttori, ‘Il Bio a Raccolta’, consumata a Roma, nel suggestivo scenario di Palazzo Rospigliosi e sviluppata attraverso una serie di interventi dei rappresentanti delle istituzioni, delle università, della medicina veterinaria, degli operatori e delle associazioni del settore, fra cui della Coldiretti e della CIA, la Confederazione Italiana Agricoltori e della stessa responsabile di Federazione Maria Grazia Mammuccini. Il ‘green deal’ (‘affare verde’) e la strategia ‘Farm to Fork’ (‘dal campo alla tavola’) hanno sollecitato il cambiamento delle politiche agricole anche europee. “L’obiettivo è coltivare il 25% della superficie agricola dei paesi dell’Unione entro il 2030 e questo sarebbe un formidabile segnale, che, di colpo, porterebbe il settore bio dalla cosiddetta ‘nicchia’, anche continuamente allargata, a componente primario della politica europea”. Per ottenere gli ambiziosi risultati, però, gli operatori hanno necessità di sostegni economici, tecnici, organizzativi e formativi in merito alla cosiddetta ‘agroecologia’. A questo proposito FederBio, in occasione dell’incontro romano, ha presentato un ‘Manifesto’ nell’ambito dell’attuazione della PAC, la Politica Agricola Comune, che riguardano una serie di proposte preparate in collaborazione con l’apparato accademico e scientifico. “All’agricoltura biologica serve un sistema unico di certificazione, la semplificazione degli iter burocratici, lo scambio dei dati fra le autorità coinvolte nei procedimenti e una maggiore trasparenza riguardo ai costi di produzione. Inevitabile anche il varo di una normativa stabile e coerente con i competitori europei”. Filiere corte, a chilometri limitati quando non sia possibile il completo annullamento fra il produttore e il consumatore per garantire la massima qualità e la stagionalità. Nel settore della zootecnia le novità riguardano “la crescente sensibilità dei cittadini verso il benessere degli animali”, che associata al “cambiamento climatico sono responsabili di un ridimensionamento dell’allevamento intensivo. Quello biologico e certificato è la forma più avanzata e sostenibile”, anche se, almeno finora, non è particolarmente “presente nei frigoriferi della grande distribuzione”. Gli agricoltori chiedono “che l’allevamento biologico diventi il modello di riferimento per l’intera zootecnia italiana in linea con le politiche europee, la transizione ecologica e sociale. È lo standard più elevato di benessere per l’animale. Necessaria una campagna di comunicazione e di informazione per evitare confusione fra i consumatori in relazione ad altri parametri di sostenibilità”. Intanto è stata promossa l’iniziativa, ‘Being Organic in EU’, proposta da FederBio con il sostegno di Naturaland e dell’Unione Europea. Lo scopo è di migliorare la conoscenza, il prestigio e il consumo dei prodotti ortofrutticoli biologici verso un paio di paesi, la Germania e l’Italia. È un programma triennale con scadenza al 31 marzo del 2025 finanziato per l’80% dall’Unione Europea e dalle più importanti organizzazioni di operatori italiani e tedeschi. Al progetto hanno aderito, fra gli altri, Bio Organica Italia, Solleone, Vallefiorita e Bologna Fiere, che aderisce a FederBio. “Aumentare la conoscenza e il consumo dei prodotti biologici ed evidenziare le specificità, in particolare di sicurezza, tracciabilità, autenticità, etichettatura, rispetto dell’ambiente e sostenibilità”, i principali richiami per raggiungere l’obiettivo, ma anche per valorizzare la riconoscibilità del marchio europeo dell’agricoltura bio”. ‘Being Organic in EU’ è inserito nel programma del ‘Green Deal Europeo’ e delle strategie ‘Farm to Fork’ e ‘Biodiversità 2030’ “per favorire un sistema alimentare etico, salutare, resiliente dal lato climatico ed ecologico”. Intanto FederBio ha annunciato altri incontri a livello locale, soprattutto regionale e almeno un paio nazionali prima della primavera del 2025.
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