L’Italia è fra i paesi europei, che maggiormente utilizza i sistemi di irrigazione nell’agricoltura. È la seconda nazione per superficie irrigata con quasi 2 milioni e 400 mila ettari. È preceduta solo dalla Spagna con all’incirca 3 milioni di ettari. Ed è ai piedi dell’ipotetico podio per superficie coinvolta sulla SAU, la Superficie Agricola Utile, con il 9%, dopo le realtà di Cipro, Grecia e Malta, in grado di raggiungere, superare o sfiorare il 20%. In Italia oltre la metà della SAU, un milione e 300 mila ettari su quei 2 milioni e 400 mila ettari, è assistita con il prezioso liquido in maniera collettiva ad opera degli enti irrigui, consorzi di bonifica e irrigazione o di miglioramento fondiario. Da uno studio dell’Università di Trieste è emerso che il VAM, il Valore Agricolo Medio, sale verticalmente e vertiginosamente se l’area è irrigata in modo periodico e regolare, soprattutto nelle regioni del centro-sud per questioni climatiche. Un surplus oscillante fra il 60% e l’80%. La differenza economica fra appezzamenti irrigati e non irrigati varia a seconda delle colture, frutteto, orto, prato, seminativo. I massimi livelli sono registrati per l’orto, +82%; per il valore dei prati, +48% nel settentrione e per il frutteto, +35%., Il sistema, su richiesta soprattutto dei paesi del Mediterraneo, dovrà essere uno dei cardini della prossima PAC, la Politica Agricola Comune dal 2021 al 2027. L’importanza dell’acqua e l’uso delle risorse naturali dovrebbero essere inevitabilmente rafforzate rispetto alla programmazione 2014-2020. A questo proposito l’ANBI, l’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue e l’Irrigants d’Europe, che rappresenta un poker di paesi, Francia, Italia, Spagna e Portogallo hanno “rilanciato la sfida sulle risorse idriche” anche attraverso la pubblicazione di un volume, ‘PAC post 2020 e direttiva-quadro acque’. Quasi duecento pagine di analisi, considerazioni, approfondimenti e proposte suddivise in tre sezioni con gli autorevoli interventi, fra gli altri, dei docenti universitari Fabrizio De Filippis, Pier Michele La Sala e Carlo Pilia e dei vertici dell’ANBI, Francesco Vincenzi e Massimo Gargano, oltre la collaborazione di Caterina Truglia e di Raffaella Zucaro e la presentazione del ministro delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo Gian Marco Centinaio. Capitoli dedicati alla ‘Politica Agricola Comune e alla gestione delle risorse idriche’; al ‘Prelievo d’acqua irrigua in agricoltura e nell’industria agroalimentare italiana’ e alle ‘Riflessioni sulla proposta di PAC 2021-2027’. L’esigenza di un progetto unitario di politica agricola per l’Europa occidentale è maturata alla fine degli anni Quaranta e i principi inseriti nel Trattato di Roma del 1957. Anno del documento, che, praticamente, ha sancito la nascita dell’Europa unita. Articolate, aggiornate e innovative le proposte italiane formulate attraverso l’ANBI, che potrebbero anche ottenere l’attenzione, l’interesse e il sostegno degli altri paesi mediterranei. Richiesta “una nuova PAC, elastica, flessibile, autonoma e modellata alle esigenze dei vari paesi”, i quali, “non hanno tutti la stessa sensibilità sulle risorse naturali e sul relativo utilizzo per il settore agricolo, in particolare dell’acqua”. Insomma, il settore ha ribadito la necessità di aumentare “l’attenzione e l’interesse per i territori e per gli agricoltori anche con maggiori integrazioni sostegni economici”. Un modo per migliorare i sistemi e la sicurezza alimentare. Il risultato passa inevitabilmente attraverso un maggior interesse per la ricerca, la tecnologia, la digitalizzazione e la competitività. Un generale sviluppo anche per coinvolgere i giovani nelle zone rurali e, quindi, favorire le opportunità occupazionali, l’inclusione sociale e la bioeconomia nell’industria agroalimentare.
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