Le mafie nel Lazio

Rapporto dell’Osservatorio della Regione. 93 i clan operativi. A Roma una decina le aree dello spaccio no-stop

Nel Lazio sono presenti 93 clan della criminalità organizzata, ma l’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio ne ha monitorati 154. Il dato emerge dal terzo Rapporto ‘Mafie nel Lazio’, che ha raccolto le indicazioni ufficiali delle forze dell’ordine e della magistratura e presentato nella capitale, all’interno del rinnovato spazio WeGIL di largo Ascianghi.
Ad aprire la serie degli interventi è stato Gianpiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio, che ha sottolineato l’ormai radicata attività della criminalità organizzata in tutte le zone della regione nonostante l’impegno delle forze dell’ordine. “Roma è praticamente diventata la base operativa e il crocevia dei traffici illeciti, in particolare di quello internazionale di sostanze stupefacenti”. Il centinaio, fra famiglie e clan annotate dagli inquirenti nel 2017, rappresentano tutte le facce della criminalità organizzata, da quella siciliana alla calabrese; dalla campana alla pugliese; dalla locale alle bande delle varie zone della regione, fino a gruppi stranieri. I clan nigeriani Aye ed Eye sono operanti soprattutto a Tor Bella Monaca, dove sono concentrati ben undici. Non mancano altre nazionalità, come i georgiani.
Nell’ultimo quadriennio i gruppi criminali citati dall’attività investigativa e giudiziaria nel Lazio appartengono alla camorra, 33; alla ‘ndrangheta, 21; a Cosa Nostra, 5; alla Sacra Corona Unita e ad altre organizzazioni che controllano il territorio. Almeno un centinaio le piazze dello spaccio no-stop, con le richieste accettate e soddisfatte in ogni momento delle 24 ore, vigilate con sistemi paramilitari, in particolare alla Borghesiana; a Montespaccato; a Ostia; al Pigneto; a Primavalle; alla Romanina; a San Basilio e a Tor Bella Monaca. In alcuni casi le criminalità sono in contatto, contagiate e coinvolte in una specie di pax mafiosa attraverso la particolarità del multilivello per recupero crediti, reimpiego dei capitali illeciti in locali, nella ristorazione, nel commercio,
nella gestione dei rifiuti e nel gioco anche d’azzardo.
Traffico di droga, usura, passaggio di imprese, intestazioni fittizie di società, estorsioni: variegata la mappa dei reati dell’associazione a delinquere, che trova terreno fertile nel disagio ottenendo un consenso sociale con mensilità di qualche centinaio di euro in cambio della custodia in indirizzi insospettabili di armi e sostanze stupefacenti. Infiltrazioni rilevanti nella provincia di Roma, ma anche in quelle di Frosinone e Latina, per questioni geografiche e dell’intero litorale, fino al viterbese.
Lo scorso anno sono stati sequestrati nel Lazio oltre 7.882 chili di droga, in grandissima parte nella capitale. 3.478 le operazioni, che hanno portato all’arresto di 3.775 persone. Le verifiche sui cantieri hanno favorito l’identificazione di 970 persone e di 238 imprese e al controllo di 455 mezzi. Le segnalazioni di operazioni finanziarie sospette alla Banca d’Italia sono state 5.706 in entrata e 4.372 in uscita, bonifici collegati probabilmente ai cosiddetti ‘paradisi fiscali’. 512 aziende e 1.732 beni sono stati confiscati per essere poi restituiti alla disponibilità della comunità.
All’illustrazione del Rapporto, racchiuso in quasi 300 pagine, hanno preso parte, fra gli altri, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, che ha promosso l’iniziativa e l’Osservatorio; il comandante del GICO della Guardia di Finanza Gerardo Mastrodomenico (“Roma non è città di mafia, ma delle mafie, che non possono più mimetizzarsi”); il responsabile del Centro Operativo della DIA cittadina Francesco Gosciu; il
questore di Roma Guido Marino (“impegnati per evitare il controllo del territorio alla criminalità organizzata”); il comandante provinciale dei Carabinieri Antonio De Vita (“il narcotraffico è il propellente per le altre illecite attività di organizzazioni operanti nella cosiddetta ‘zona grigia’”); il prefetto di Roma Paola Basilone (“puntare sulla prevenzione e sulla collaborazione con le altre strutture dello Stato delle altre aree della regione”) e il presidente dell’associazione Libera don Luigi Ciotti (“è necessario restringere gli spazi alla criminalità organizzata ed offrire una traduzione, un Bignami di questo rapporto ai giovani studenti”, le generazioni di domani).

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