In sette anni sono sparite dall’elenco ben 33.110 società impegnate nell’autotrasporto e 148.786 veicoli fino a 35 quintali sono stati fermati. Il negativo andamento è stato causato anche dalla irrefrenabile deindustrializzazione nazionale collegata alla delocalizzazione di alcune attività produttive e dal passaggio in mani straniere di aziende e basi operative. A leggere i dati di una ricerca, il 60% dei mezzi pesanti che entrano nel nostro Paese non hanno targa italiana e il 70% delle motrici hanno indicazione romena e trasportano carichi d’altra provenienza. Né italiani, tantomeno romeni. Questo movimento è condizionato anche dal peso evidente e esorbitante della fiscalità, in particolare sulla busta paga del dipendente. Un cuneo fiscale che incide in modo determinante sui bilanci delle aziende e sulle tasche dei lavoratori rispetto a quanto accade negli altri paesi europei. Per un netto di 1.100 euro il carico porta a una lievitazione che arriva anche a 2.500 euro, il 130% in Italia, che diventa l’83% in Francia e il 66% in Polonia. L’affresco di partenza per approfondire l’attuale situazione è stato pennellato da Pier Luigi Del Viscovo del Centro Studi Fleet&Mobility, che ha promosso il terzo summit degli operatori dei veicoli commerciali leggeri e pesanti, nell’ambito del programma, ‘La capitale dell’automobile’, nell’occasione dedicato ai ‘Vans&Trucks’. Incontro e confronto per aggiornare i dati e indicare lo scenario del futuro con le tendenze del settore oscillando fra la richiesta e le offerte sempre innovative delle case costruttrici e, a cascata, dei concessionari-venditori. Lo spazio lasciato dall’Italia nella produzione è stato inevitabilmente occupato da altri paesi compresa la quota del trasporto delle merci. Aumentano le immatricolazioni dei veicoli commerciali, 201 mila nel 2016, +5% e 203 mila nel periodo del 2017, +1%. Andamento simile previsto nel prossimo anno. Ingrossata anche la flotta dei furgoni. A fine 2016 del 21% rispetto a dodici mesi prima e ben più visibile di quella registrata per le auto. É un segnale dell’aumento della richiesta anche di nuovi clienti. Veicoli alimentati soprattutto a gasolio, 93%; scendono quelli a benzina e a metano; stabili le richieste a gpl. Sale la scelta per quelli elettrici, da 0,2% del 2013 a 0,6% del 2017, utilizzati per l’attività nei centri cittadini, in seguito alle disposizioni delle rispettive amministrazioni pubbliche locali alle prese con l’alta concentrazione di emissioni di sostanze inquietanti nell’aria. E all’orizzonte appaiono i limiti ancor più stringenti fissati dall’Unione Europea. In Italia, però, è lamentata la mancanza di una strategia ben determinata. I mezzi offrono sempre maggiori funzionalità tecnologiche con hardware, software, telecamere, monitor, stampanti, guida assistita e, nell’imminente futuro, anche autonoma. Il settore del trasporto delle merci appare più pronto a sperimentare e implementare molte delle innovazioni, fra cui la telematica e le propulsioni alternative. Chi è alla guida, infatti, è sempre più impegnato a svolgere anche altre funzioni soprattutto nel cosiddetto ‘ultimo miglio’, nella consegna, contattando direttamente l’acquirente e sostituendo in alcuni casi i compiti di segretarie e telefoniste. Trasformazioni delle abitudini confermate dai continui corsi di aggiornamento e formazione anche burocratici. Consulenze degli autisti per aumentare la specializzazione e la professionalità e il divario con la concorrenza straniera, ma anche dei concessionari, che ormai puntano sull’assistenza e sul post-vendita seguendo più l’andamento della manutenzione preventiva che delle successive e necessarie riparazioni. Salgono anche gli acquisti dei mezzi più pesanti, oltre i 35 quintali, da 13 mila 977 del 2016 alle 15 mila 262 previste per la fine dell’anno. Lo svecchiamento del parco circolante, comunque, rimane un problema fisso, nonostante le facilitazioni e gli incentivi statali. I furgoni, è stato ribadito da un po’ tutti gli intervenuti, sono più vicini al settore dei camion che alle auto. Aumentano i giorni di noleggio, anche se quello a lungo termine si avvicina al medio termine e il breve termine sale verso l’alto. Insomma, dinamiche di contrazione dei periodi per le esigenze dei richiedenti, da comprendere se la situazione sia congiunturale o strutturale. L’appuntamento è stata l’occasione per affrontare l’importante tema della sicurezza sulle strade e autostrade. Dal 2001 al 2015 gli incidenti sono in calo, inseriti nella fascia fra il 49 e il 55 per cento. Norvegia, Svezia e Gran Bretagna sono stati i paesi più virtuosi. Scontri in flessione sulle autostrade, raccordi e tangenziali del 10,,2%; sugli asfalti extraurbani del 4,6% e sulle vie urbane del 2,6%. Coinvolte le auto nella maggior parte dei casi, 46%; i pedoni, 21%; le moto, 14%; le biciclette, 8% e ciclomotori, 3%. L’8% è fuori da queste categorie. L’80% sono causati dalla distruzione per l’uso delle tecnologie, in particolare il telefono tuttofare. Tecnologie che mai devono diventare controproducenti. Nel 2016 un milione e 250 mila hanno perso la vita nei collegamenti stradali dell’Unione Europea, su per giù come l’anno precedente. In Italia 3.283 vittime, -4,2% rispetto al 2015. Gli autoscontro hanno causato 175.791 lesioni alla persona e 249.175 feriti. Un bollettino di guerra.
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