Mancini abbandona l’Azzurra

Dimissioni improvvise del tecnico jesino dalla guida della nazionale. Aveva vinto L’Europeo. La FederCalcio alla ricerca di un nuovo mister

 

La deflagrazione è stata avvertita improvvisamente in una rovente giornata di metà agosto. Un lampo, ma senza il tuono di preavviso. Il fulmine sul palazzo romano di via Gregorio Allegri è arrivato direttamente. Nel mirino il riferimento della Federazione Italiana Giuoco Calcio dove Roberto Mancini ha recapitato le dimissioni da Commissario Tecnico della nazionale e, conseguente, da tutte le responsabilità che il presidente Gabriele Gravina aveva assegnato proprio pochi giorni fa sulle selezioni azzurre.
Sorpresa espressa e mostrata nelle dichiarazioni ufficiali dei vertici della FederCalcio, dell’intero movimento e anche da parte del ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi, che, fra l’altro, è stato anche presidente della Lega di serie B del calcio della nostra penisola. Immediatamente sono state ipotizzate e articolate le svariate motivazioni che hanno spinto a lasciare dopo oltre cinque stagioni la panchina del tricolore e dell’Inno di Goffredo Mameli riportato al centro dell’attenzione e dell’interesse generale con la straordinaria vittoria all’Europeo del 2020 in terra inglese.
Aveva raccolto i resti di un’Italia calcistica depressa e choccata dalla mancata qualificazione al Mondiale del 2018 e pazientemente e coraggiosamente era riuscito a ricomporre il puzzle. Mancini era stato in grado di trovare l’opportuna combinazione nella tattica e nella formazione con la riscoperta di una consapevole e autorevole mentalità vincente, fra l’altro esaltata da una serie-record di imbattibilità durata ben 37 partite. Era una nazionale da lustrini, paillettes e luci psichedeliche, che giocava, divertiva, segnava e poco, o per niente, subiva.
Passato l’Europeo, vinto a Londra , a ‘Wembley’ dove molti anni prima aveva consumato l’amarezza nella finale di Coppa dei Campioni con la Sampdoria contro il Barcellona testimoniato dal commovente abbraccio con l’ex compagno di squadra e amico Gianluca Vialli scomparso lo scorso dicembre proprio in Inghilterra, però, l’esaltazione e la brillantezza è velocemente scesa fino agli inferi con la terza mancata partecipazione alla fase finale del Mondiale. La batosta di Palermo, 1 a 0 dalla Macedonia del Nord, è stata completa, sportiva, morale ed economica. Mancini, nato a Jesi il 27 novembre del 1964, non abbandona e dopo un’opportuna riflessione rilancia il messaggio della bontà del calcio italiano, anche se le squadre del massimo campionato sono invase da tesseramenti di atleti stranieri. Decisione concordata con il presidente federale Gravina.
Mancini è stato il più giovane a segnare una rete in serie A, con il Bologna, quando aveva 16 anni 10 mesi e 7 giorni, nel torneo 1981/82. In seguito ha vestito le maglie della Sampdoria, della Lazio e del Leister City. L’azzurro è stato indossato in 36 occasioni, infarcite da 4 reti, dal 1984 al 1994, conquistando il terzo posto al Mondiale del 1990 organizzato proprio in Italia. Nell’Under 21 ha collezionato 26 presenze e 9 gol.
Prestigiosa la carriera da allenatore, dalla stagione 2000/01 quand’era il vice alla Lazio di Sven Goran Eriksson. Poi Fiorentina, Lazio, Inter, Manchester City, Galatasaray Istanbul e Zenit San Pietroburgo prima dell’approdo alla nazionale italiana. Ha alzato coppe nazionali e internazionali, vinto scudetti e ottenuto riconoscimenti, fra cui l”Hall of Fame del Calcio Italiano’ nel 2015.
Ha chiuso l’avventura con la nazionale, dal 28 maggio del 2018 al 18 giugno del 2023, con 61 partite caratterizzate da 27 successi, 15 pari e 9 sconfitte. 123 i gol segnati e 45 quelli incassati. La percentuale delle vittorie è stata del 60,66%. Da calciatore, complessivamente, è sceso in campo 546 volte, tutte in serie A, realizzando 156 reti. In panchina con l’Italia azzurra, dall’esordio nella svizzera San Gallo, 2 a 1 all’Arabia Saudita, ha raccolto il prestigioso Europeo, l’ultimo e unico risaliva al 1968 e una coppia di terzi posti alla National League, nel 2021 in Italia e nel 2023 in Olanda. E il successo di Enschede contro i locali ‘orange’ per 3 a 2, a questo punto, è stata l’ultima apparizione sulla panchina della nazionale del nostro Paese.
Nel corso della gestione in nazionale Mancini ha convocato numerosi esordienti scovando calciatori sulla nostra penisola, alcuni non giocavano neanche nel rispettivo club come Nicolò Zaniolo e in giro per il pianeta, fra cui Vincenzo Grifo, Wilfred Gnonto e, il più recente, Mateo Retegui, da pochi giorni ingaggiato dal Genoa.
La macchia nella primavera del 2022 alla ‘Favorita’ di Palermo contro la Macedonia del Nord è ancora visibile, anche se continuava a ripetere che “nel 2026 l’Italia aveva la possibilità di vincere il Mondiale”. Dopotutto l’Italia non aveva vinto il girone, a vantaggio della Svizzera, per due rigori sbagliati da Jorginho, proprio contro gli elvetici, uno all’andata e l’altro all”Olimpico’ di Roma, all’ultimo istante dell’incontro. Intanto fra una quarantina di giorni sono in calendario le partite di qualificazione all’Europeo e alla Federazione è iniziato il vortice di contatti, il casting per trovare un altro Commissario Tecnico. Nel frullatore è finito ogni tipo di candidato. Per la FIGC è fondamentale non sbagliare la scelta. Non mancano certamente le competenze adeguate al ruolo per affrontare i delicati impegni e le ambizioni per gestire il percorso della nazionale di una delle discipline più seguite nel nostro Paese, il calcio.

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