Per 309 partite è stato capitano della Lazio, un primato assoluto, fra cui nella stagione storica dello scudetto della squadra bianco e celeste del calcio datata 1973/74. Giuseppe Wilson, Pino un po’ per tutti, è scomparso improvvisamente a Roma, proprio poco dopo il successo squillante e perentorio della Lazio di Maurizio Sarri e Ciro Immobile a Cagliari per 3 a 0 alimentando, così, ambizioni di partecipazione alle coppe europee della prossima stagione. ‘Libero’ sul campo, unico centrale di difesa senza una marcatura fissa sull’attaccante ostile si direbbe nell’attuale linguaggio, ultimo valido baluardo a difesa del proprio portiere e della rispettiva rete per evitare successi e soddisfazioni agli avversari. Wilson era anche un leader stimato, rispettato e riconosciuto sia all’interno di uno spogliatoio vivace che sul terreno di gioco, ma anche al di là dell’attività sportiva. Era originario di Darlington, dove era nato il 27 ottobre del 1945, da una coppia anglo-campana. L’infanzia l’ha vissuta, però, a Napoli e, poi, giocando per la squadra aziendale della Cirio è entrato nel circuito calcistico. E, quindi, ha indossato la maglia dell’Internapoli, che aveva acquisito i diritti e la partecipazione sportiva di una società ormai esaurita. Quarta serie e vittoria nel raggruppamento ‘F’ del campionato e relativa promozione in ‘C’ nell’anno agonistico 1966/67. La svolta alla carriera e, probabilmente, alla storia della Società Sportiva Lazio è arrivata poco tempo con il trasferimento nella capitale a braccetto con Giorgio Chinaglia, negli anni altro grande protagonista delle pagine biancocelesti. In due fasi, dal 1969 al 1978 e fino al 1980, Wilson ha vestito, solo in campionato, per 324 volte la casacca della Lazio realizzando anche 6 reti. E con l’inconfondibile numero ‘4’ è stato sancito il definitivo passaggio di zolla di campo, dalla posizione sulla fascia al cuore della difesa e anche della squadra. Totem dell’impresa pensata, scritta e realizzata da Tommaso Maestrelli, autista e navigatore di quella Lazio del primo e indimenticabile scudetto. Tricolore, però, non rappresentato e difeso in Europa l’anno successivo, in Coppa dei Campioni, per una squalifica a livello internazionale risalente alla gara di ritorno allo stadio Olimpico contro l’Ipswich Town. Condensando la vicenda: la Lazio nell’autunno del 1973, nell’andata dei sedicesimi di finale dell’allora Coppa UEFA, aveva sonoramente perduto in terra inglese per 4 a 0. A Roma, però, in una doppia sfida che sembrava ormai compromessa la squadra Maestrelli era riuscita in una mezz’oretta a dividere il divario con Garlaschelli e Chinaglia. A una ventina di minuti dal gong finale è accaduto l’imponderabile a causa di un rigore assegnato e contestato dai calciatori della Lazio e trasformato da Vilyoen. La tensione divampa e la reazione dei biancocelesti e degli spettatori è esondato dai regolamentari margini soprattutto nei confronti dell’arbitro, l’olandese Leonardus Wilhelmus Van der Kroft, che, comunque, è riuscito a portare a termine l’impegno fino al novantesimo dopo aver assegnato un penalty alla Lazio, registrato la personale tripletta di Long John e riportato sul taccuino il 2 a 4 dell’inglese Johnson. I tre fischi hanno coinciso con l’inizio dei tafferugli, sassaiole fuori lo stadio, tentativo di invasione di campo, che hanno portato a una squalifica triennale dalle competizioni continentali, in seguito ridotta a una sola stagione. Quella proprio della prima Coppa dei Campioni per la Lazio. Non particolarmente aitante, un metro e 73 centimetri riporta l’Almanacco della specialità sportiva, ma reattivo, grintoso e illuminato nel posizionamento, Wilson ha indossato anche la maglia azzurra della nazionale in tre occasioni: il 26 febbraio del 1974 a Roma contro la Germania in amichevole, 0 a 0 e nello sfortunato Mondiale tedesco dello stesso anno, a Stoccarda, il 19 giugno al cospetto dell’Argentina, 1 a 1 e il 23 giugno di fronte alla Polonia, 1 a 2 e eliminazione dal torneo dopo essere stati vicecampioni nel 1970 in Messico. Con la Lazio ha vinto anche la Coppa delle Alpi nel 1971 e disputato sezioni di stagioni nell’allora campionato sperimentale nordamericano con i Cosmos di New York e con l’Inter di Montreal. È rimasto impigliato nell’inchiesta del ‘Calcioscommesse’ come Massimo Cacciatori, Bruno Giordano e Lionello Manfredonia e nel 1980 squalificato per tre anni, ma amnistiato nel 1982 in seguito al successo del Mondiale da parte degli azzurri guidati dalla panchina da Enzo Bearzot in terra di Spagna. I particolari della vita calcistica sono stati raccolti in un volume curato da Vincenzo Di Michele, ‘Pino Wilson, vero capitano di altri tempi’. Immancabili i messaggi e le testimonianze da parte dei sostenitori della Lazio, degli ex compagni e degli avversari e degli attuali attori del panorama calcistico. La camera ardente è stata allestita nella Sala della Protomoteca del Campidoglio.
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