Non avrebbe sfigurato, anzi sarebbe stato protagonista anche nel calcio del terzo millennio come uno della coppia di centrali della difesa, Mauro Bellugi scomparso in un ospedale di Milano. Lo scorso 7 febbraio aveva compiuto 71 anni. Era originario della senese Buonconvento, ma la carriera sui campi di calcio della massima serie l’aveva costruita e abbellita indossando dal 1969 al 1974 per 140 volte fra campionato e coppe la maglia dell’Inter; poi, fino al 1979 in 108 occasioni quella del Bologna e, quindi, per una stagione la casacca del Napoli e della Pistoiese, collezionando rispettivamente 34 e 20 presenze. Aveva chiuso con il calcio giocato a soli 31 anni a causa dei molteplici e ripetuti guai fisici. Complessivamente in serie A ha disputato 227 partite. In bacheca aveva posto uno scudetto tricolore conquistato con l’Inter nella stagione 1970/71 e alla moviola poteva rivedere le immagini in bianco e nero dell’unico gol segnato, proprio nell’annata successiva, in Coppa dei Campioni ai tedeschi del Borussia Moenchengladbach. È stato per una trentina di volte azzurro partecipando a due edizioni del Mondiale, in particolare all’infausta spedizione del 1974 in Germania e all’effervescente esibizione del 1978 in Argentina culminata con il quarto posto finale e caratterizzata dall’esplosione a livello internazionale di Antonio Cabrini e Paolo Rossi. Vantava anche una presenza con la nazionale Under 21. Bellugi da tempo era ricoverato in quanto colpito dal Covid-19, che aveva acuito anche altri malesseri, tanto da perdere chirurgicamente le gambe. “Per un calciatore sono come le mani per un pianista”, aveva sottolineato in modo da far risalire il livello della condizione morale. Ricordava l’unica rete realizzata in carriera e ipotizzava protesi come Oscar Pistorius per poter in futuro camminare di nuovo autonomamente. Lascia la moglie e la figlia Giada. Alla conclusione della carriera da calciatore Bellugi ha ricoperto il ruolo e la funzione di vice-allenatore nella Pistoiese e per una stagione prima di essere impegnato anche con l’ex compagno all’Inter Mario Corso ad insegnare la tecnica e il calcio ai più piccoli. Negli anni, poi, era passato davanti alle telecamere per commentare in tv le vicende calcistiche delle squadre italiane. Bellugi, alto oltre un metro e ottanta centimetri, è stato un difensore evoluto per quel tempo. Solitamente era destinato all’attenzione particolare, francobollata ed esasperata dell’attaccante centrale più avanzato e pericoloso per l’incolumità sportiva rappresentata dalla propria porta. “Stopper”, era detto e indicato, davanti al cosiddetto ‘libero’, da marcatura, dove era scalato con il passare dei campionati. Per Bellugi tutti in A: 90 presenze nell’Inter, 91 con i colori rossoblù del Bologna, 34 nel Napoli e 20 nell’allora neopromossa Pistoiese. Era un difensore, ma con la visione e i piedi educati, con il tocco sensibile del centrocampista. Abile nel gioco aereo e sufficientemente veloce per fronteggiare l’avanzata avversaria. Deciso prima dell’inizio degli incontri della 23^ giornata del massimo campionato un minuto di silenzio e di raccoglimento. Lutto al braccio per i calciatori delle società dove Bellugi ha giocato, Inter, Bologna, Napoli e Pistoiese.
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