Al Museo Storico della Fanteria allestita la mostra ‘Antonio Ligabue. I misteri di una mente’. Una settantina le testimonianze esposte fra sculture e dipinti con protagonisti soprattutto gli animali
Oltre settanta, fra sculture e dipinti con colori tenui e vibranti e in bianco e nero, puntasecca, per testimoniare l’attenzione rivolta all’ambiente, la flora e, soprattutto, al rapporto con la fauna. Animali visti e rappresentati con estrema particolarità, altri solo immaginati, in quanto presenti in terre lontane. “Un po’ come faceva Emilio Salgari nelle descrizioni dei racconti di avventure”, ha rilevato Dominique Lora, che ha curato l’esposizione, ‘Antonio Ligabue. I misteri di una mente’, in collaborazione con Micol Di Veroli e Vittoria Mainoldi e sostenuta da Arte&Cultura Navigare rappresentata per l’occasione al Museo Storico della Fanteria di piazza Santa Croce in Gerusalemme dal produttore esecutivo Salvatore Lacagnina.
“La mostra è un diario, anche personale, di Antonio Ligabue”, all’anagrafe svizzera di Zurigo dal 18 dicembre del 1899 Antonio Costa, di chi ha convissuto con una “nevrosi infantile” e ha trascorso un’esistenza tormentata, emarginato dai gruppi degli artisti, isolato nei rapporti con le altre realtà e con gli stili. “Una solitudine cercata e forse voluta anche per creare barriere difensive”. Gli oli su tela o su faesite esaltano alcuni animali scrutati e studiati nel corso della personale quotidianità come quelli frequentatori dell’aia, la mucca, il vitello, il bue, il cavallo, il gallo e la gallina, il cane, la capra e, altri, di scenari lontani, fra cui il leone, la tigre, la pantera, la iena, il babuino e il gorilla.
I quadri, alcuni di vistose dimensioni, anche centimetri 120-per-centimetri 150 e le realizzazioni scultoree in bronzo, sono di collezioni private e più di qualcuna non è stata mai esposta. Nell’area conclusiva del percorso sono visibili degli autoritratti realizzati intorno agli anni Sessanta dello scorso secolo.
La madre, Elisabetta Costa, era una emigrata italiana in Svizzera dove lavorava come operaia. L’altro genitore non l’ha mai conosciuto e, infatti, al nome è abbinato il cognome della madre prima che, sembra intorno agli anni Venti dello scorso secolo, non decide di essere identificato come ‘Ligabue’. La scelta, probabilmente, avviene in Emilia-Romagna dov’era stato trasferito, a Gualtieri, in seguito all’espulsione dalla scuola e dalla Svizzera per comportamenti irrequieti. Nel 1920, mentre lavorava sugli argini del Po, ha iniziato a dipingere e ha scoperto l’argilla. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale è stato interprete per le truppe tedesche. Più volte è stato ricoverato per dei comportamenti bizzarri o violenti.
Al Museo Storico della Fanteria di Roma sono esposte anche la sua Moto Guzzi e una serie di pannelli informativi che ricostruisco e ricordano le tappe più importanti e fondamentali della vita di Antonio Ligabue. In una stanza è proiettato no-stop un filmato, che ripercorre la vita e l’attività, forse completamente riconosciuta solo nel 1955 con la prima personale alla Fiera Millenaria di Gonzaga e con un approfondimento sul quotidiano bolognese Il Resto del Carlino con lo scritto e le foto di Severo Boschi e Dino Ferrari. A Roma ha esposto nel 1961 alla Galleria ‘La Barcaccia’. Il 18 novembre dell’anno successivo è colpito da paresi ed è ricoverato a Gualtieri, zona di Reggio Emilia. Scompare a 65 anni, il 27 maggio del 1965.
La mostra, ‘Antonio Ligabue. I misteri di una mente’, è visitabile fino al 12 gennaio del 2025, dal lunedì al venerdì nella fascia oraria oscillante fra le 9 e 30 e le 19 e 30. Sabato e domenica chiusura posticipata alle 20 e 30. In questo periodo è stata proposta un’iniziativa straordinaria per la visita accoppiata con un solo ticket anche dell’esposizione, ‘Mirò. Il costruttore di sogni’, in programma fino al 23 febbraio del 2025.