Dati allarmanti dal Rapporto dell’Osservatorio Internazionale sullo spreco nei paesi del G7. In Italia, dopo la pandemia, è aumentato del 45,6%, ben oltre 683 grammi a settimana per persona
Imbarazzanti. Sconcertanti. Clamorosi. Vergognosi. Considerazioni da etichettare ai dati emersi dal quarto Rapporto promosso dall’Osservatorio Waste Watcher International-Campagna Spreco Zero e dall’Università di Bologna attraverso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari ed elaborati dall’Ipsos. Gli esperti hanno analizzato soprattutto ‘Lo spreco alimentare nei paesi del G7’ in cui è stato registrato un saliscendi sulle quantità, ma le maggiori preoccupazioni riguardano la situazione sulla nostra penisola. Lo studio è stato illustrato a Roma, nello ‘Spazio Europa’ della Rappresentanza in Italia del Parlamento e della Commissione dell’Unione.
Nell’ultima rilevazione l’aumento è stato del 45,6%, come dire che finiscono settimanalmente fra i rifiuti 683,3 grammi di alimenti per persona. Nell’agosto del 2023 la quantità era di 469,4 grammi. Nella non invidiabile lista dello spreco figurano la frutta, le verdure, il pane, le insalate e l’aglio, le cipolle e i tuberi, intesi soprattutto come patate. Insomma gli ingredienti che sono i cardini della cosiddetta ‘dieta mediterranea’, della quale l’Italia è l’indiscussa capofila e il riferimento mondiale. È stata anche disegnata la geografia dell’insulso spreco con le aree centrali e meridionali che hanno registrato un +9% e un nord un po’ riequilibratore di un risultato comunque allucinante. Infatti starebbero sufficienti un paio di operazioni aritmetiche con il numero delle settimane e le cifre relative alle presenze sul nostro territorio per ottenere una quantità mostruosa di alimenti commestibili al momento dell’acquisto e diventati scarto per il cassonetto. E senza contare l’aspetto economico sia del mancato consumatore che del produttore. Questo aspetto è uno dei paradossi del nostro pianeta, in cui una parte considera inservibile per l’alimentazione quotidiana una quantità che sarebbe addirittura superiore a soddisfare le necessità dell’altra in costante e continua storica sofferenza.
“In Italia l’incremento dello spreco alimentare è allarmante, ma soprattutto sono le cause, fra cui un abbassamento della qualità dei prodotti più facilmente e velocemente deperibili anche per le minori risorse finanziarie disponili da parte delle famiglie, la mancata pianificazione degli acquisti e per il consumo e la conservazione”, ha ricordato il direttore scientifico di Waste International-Campagna Spreco Zero dell’Università di Bologna, Andrea Segrè. Più di qualche chef, fra cui Cristina Bowerman presente all’appuntamento romano, hanno consigliato di riscoprire, rivalutare e riproporre alcune vecchie e tradizionali preparazioni, quelle del riuso dei cosiddetti avanzi alimentari. Il pane raffermo per la romana panzanella o per la toscana pappa al pomodoro; le verdure come zucchine, peperoni e melanzane da riempire anche con lo stesso pane e con altri vegetali; il mix intramontabile dell’insalata di riso e il salvataggio della frutta utile alla gustosa, colorata e profumata macedonia.
In Italia la dispersione alimentare è fortemente condizionata anche dalle mense, in particolare quelle scolastiche e delle classi frequentate dai giovanissimi. Sono molteplici le iniziative per mappare al meglio la situazione e cercare di intervenire. I preparati delle mense, fra l’altro, anche se intatti e non consumati, diventano automaticamente ‘rifiuto’ appesantendo lo spreco e ampliando la platea e la percentuale dei responsabili. Organizzazione domestica, informazione sul modo di acquistare, una maggiore e generale consapevolezza sul valore della funzione e dell’importanza degli alimenti sono le prime e le principali indicazioni.
L’approfondimento ha riguardato anche gli altri paesi in prossimità del ‘G7 Agricoltura’ previsto dal 26 al 28 settembre in Sicilia, a Siracusa, nell’ottica della prevenzione e “di comparare le buone pratiche e di condividere le rispettive esperienze”. In Canada l’impegno è rivolto all’educazione anche con innovazioni e incentivi fiscali che hanno portato a un aumento delle donazioni dell’eccedenza. In Francia è stata segnalata una caduta della quantità sprecata, -32%. È il miglior risultato, in particolare per l’attenzione mostrata, come in Spagna. La Germania aveva la quota maggiore nell’Eurozona, ma l’utilizzo domestico della dispensa e del freezer ha fatto precipitare il volume di cibo gettato via. In Giappone è relativamente poca la frutta e la verdura che finisce nella pattumiera, soprattutto per il costo elevato. La qualità delle coltivazioni trasferiscono i vegetali nella colonna dei cosiddetti ‘beni di lusso’, tanto da essere regalati in occasione delle ricorrenze considerate speciali. Particolare attenzione alla questione è stata sempre mostrata in Gran Bretagna sia sul versante pubblico che in quello privato. Oltre il 45% delle famiglie ricorre all’escamotage della tipica lista dell’occorrente per le necessità domestiche. Per il 2025 è stato varato un programma sull’educazione alimentare. Negli Stati Uniti la scarsa fiducia nella situazione economica nazionale ha indirizzato l’attenzione sul sempre produttivo fai-da-te, iniziative individuali sull’organizzazione della dispensa, del frigo e del freezer e l’82% della popolazione ha affermato di appuntare quel che necessita.
Al convegno romano, concluso con la consegna dei riconoscimenti per i progetti ‘Vivere a spreco zero’, hanno offerto il rispettivo contributo, fra gli altri, il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida; i presidenti di Federalimentare Paolo Mascarino, di Conad Mauro Lusetti, di EmilBanca Gianluca Galletti e il vice di Confcommercio Lino Enrico Stoppani e il direttore generale di CONAI Simona Fontana.
Dalla ricerca è risultato che l’87% degli italiani è disposto a congelare i prodotti e a utilizzare l’alimento anche se scaduto comprendendo la differenza riportata sulla confezione, ‘da consumarsi preferibilmente entro…’ a ‘consumarsi entro…’. Relativa la credibilità sulle altre indicazioni in merito alla conservazione, al sistema richiudibile e al materiale riciclabile. Solo un/terzo utilizza il cibo avanzato per le ricette creative e rielaborate, cosa che, ad esempio, avveniva durante il periodo della ‘clausura’ domestica decisa per evitare l’estensione dei contagi da Covid-19. Allora, costretti nelle mura familiari, la cucina era diventata un riferimento centrale e fondamentale per le sperimentazioni e alternativo al consumo delle ore giornaliere. Poi, pian piano, sono state riprese le precedenti abitudini arricchite dalle ordinazioni per le consegne a domicilio dei preparati, dai surgelati e dai precotti e i fornelli “sono ridiventati un arredamento quasi inutile dell’abitazione”.