Ecco l’Olio di Roma. E con tanto di marchio dalla triplice tonalità, ben visibile e riconoscibile. Due cerchi, l’esterno di un rosso più scuro, separati da una sottilissima circonferenza gialla, come la scitta centrale, ‘Olio di Roma’, le raffigurazioni di quattro foglie della pianta e di un paio di olive attaccate; bianco, invece, il disegno del simbolo della Città Eterna, il Colosseo, conosciuto in tutto il mondo, oltre ai caratteri in stampatello a cingere la rotondità per ribadire il prodotto acquistabile. Presentato e illustrato in una affollata e interessata sala del Tempio di Adriano di piazza di Pietra, a Roma, il disciplinare di produzione della Indicazione Geografica Protetta dell’extravergine di oliva. Otto articoli per determinare, oltre la denominazione e il relativo inconfondibile marchio; le caratteristiche del prodotto; le zone di produzione e la prova dell’origine; il metodo di ottenimento con l’indicazione per la coltivazione delle piante, le modalità di raccolta, fra l’inizio di ottobre e il 30 gennaio dell’anno successivo, lo stoccaggio e l’oleificazione; il legame con l’ambiente; i controlli e la designazione e la presentazione. La superficie coltivata è di oltre 63 mila ettari, per lo più collinari, di quasi 320 territori comunale, praticamente al completo: 109 della provincia di Roma; una novantina di Frosinone; 27 dell’area pontina; 35 della Sabina e 60 dii quella della Tuscia. Le zone sono risultate idonee per ottenere produzioni con le caratteristiche qualitative previste, fra cui organolettiche e chimico-fisiche; il colore, dal verde al giallo oro, con cambiamento cromatico nel tempo. All’olfatto è caratterizzato da note fruttate di oliva di intensità variabile con evidenti segnali di pomodoro alternati o contemporanei di carciofo, mandorla ed erbaceo. Il gusto dovrebbe avere sentori vegetali e amari di entità diversa o associata a richiami di pomodoro, carciofo, mandorla ed erbacei. Ogni fase del processo produttivo è controllata e verificata anche attraverso l’iscrizione in appositi elenchi degli olivicoltori, dei frantoiani e dei confezionatori gestiti dalla struttura di controllo per garantire la tracciabilità del prodotto. Il 70% del ricavato deve essere di nove varietà. Autoctone, Caninese, Carboncella, Itrana, Marina, Moraiolo, Rosciola e Salviana e di uso consuetudinario, Frantoio e Leccino. Il resto anche di altre varietà di olivi. Fissate anche le distanze fra le piante, i tipi di potatura, la fertilizzazione, l’irrigazione, la gestione del suolo e la difesa fitosanitaria. La produzione unitaria massima consentita è di 9.500 chili di olive per ettaro. La raccolta solo manuale e con mezzi meccanici. Esclusi i prodotti cascolanti e di abscissione e l’utilizzo di quelle cadute sul terreno e sulle reti di raccolta permanenti. Il trasporto in contenitori rigidi che consentano l’aerazione e prima della molitura, entro due giorni dalla raccolta, le olive devono essere defogliate e lavate a temperatura ambiente. La resa massima delle olive in olio non può superare il 20%. Il risultato dell’estrazione deve essere contenuto in contenitori di acciaio inox o in altri recipienti di materiale idoneo alla conservazione dell’olio ad una temperatura che non condizioni le caratteristiche qualitative. La coltivazione e l’estrazione devono essere effettuate nella stessa zona di produzione. L’area al centro della penisola, dai monti appenninici al Mar Tirreno, con prevalenza collinare, è l’habitat ideale per la coltivazione degli olivi. L”Olio di Roma’ IGP deve essere commercializzato in recipienti non superiori ai 5 litri, sigillati e con l’etichetta e la scritta ben visibile dell’extravergine di assoluta qualità. Una novità anche per i turisti appassionati e ricercatori della produzione enogastronomica Made in Italy, in questo caso con un marchio e sigillo di garanzia… capitale.
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